Sono i giorni della festa della liberazione e della festa dei lavoratori. Valori, memoria storica e insegnamenti a cui il movimento No Tav si ispira e partendo dai quali traccia il suo percorso, basato sull’antifascismo, la solidarietà e la lotta. Partendo da qui, ci sembra giusto portare alcuni ragionamenti al fine di fare chiarezza in questo periodo storico particolarmente complesso.
Ogni giorno, andiamo a fare la spesa e a lavorare, passiamo per il distributore di carburanti e paghiamo le bollette. Siamo arrivati al punto di dover scegliere tra la bolletta e la spesa. Si tratta di non riuscire più con i nostri stipendi a vivere come avevamo pensato. Molti, sempre di più, per via della pandemia hanno perso il lavoro e dunque non riescono proprio più a campare.
In Ucraina, in Yemen, in Siria, in Palestina, e ovunque nel mondo continuano e nascono nuove sporche guerre. Ci sono conflitti e morti, ed ognuno di questi contesti si può dividere in modo netto: c’è un sopra e un sotto. Da una parte ci siamo noi, i popoli che si pongono a difesa dei propri territori lottando per avere un mondo più giusto, libero da sfruttamento dell’uomo sull’uomo e dell’uomo sull’ambiente. Dall’altra parte ci sono loro, i governi e i padroni che stanno portando il Pianeta verso una fine che sembra sempre più inesorabile. La Crisi economica, la crisi climatica e ambientale e la crisi sociale che ci stiamo trovando a vivere e subire, sono figlie di un sistema di sviluppo estremamente sbagliato e corrotto. Un sistema di sviluppo che fonda le sue radici negli stati nazione basati su un capitalismo sfrenato che pone al primo posto scelte guidate esclusivamente dalla volontà di creare e portare sempre più ricchezza e profitto nelle mani di pochi a discapito del resto delle popolazioni.
La lotta antifascista e partigiana partiva proprio da qui. Lavoratori e soldati, esausti dopo oltre 20 anni di governo fascista, guerrafondaio e coloniale, si ribellarono disertando il conflitto del mondo di sopra, tornando in montagna e portando la guerriglia in città fino alla liberazione. Ecco perchè il 25 aprile e 1 maggio sono e devono restare importanti per guardare al futuro in maniera diversa. Perchè sono nostre, sono del mondo di sotto, sono dei popoli e non dei governi. Al contrario oggi il mondo di sopra attraverso i governi che con grande incapacità si succedono, tenta sempre con più forza di tirarci in mezzo a guerre non solo regionali, in alcuni casi continentali con il forte rischio di diventare mondiali. C’è chi dunque la guerra la organizza, la stimola e guadagna con essa. C’è chi la guerra invece la subisce e ne paga in termini economici e con la vita stessa il prezzo più alto. Ci sono da un lato i governi con i grandi interessi economici privati e dall’altro i popoli con i propri territori e le loro vite. Noi ci schieriamo con i popoli e con questi vogliamo provare a disegnare un’idea di mondo e di futuro diverso partendo proprio da qui, dalla nostra valle.
La vera domanda che dobbiamo porci dunque è se vogliamo vivere in questo mondo o no, se vogliamo vivere di guerra o di pace. Con la guerra si muore con la pace si vive. In questa semplice domanda sta tutta la complessa fase storica che stiamo attraversando. Un tempo che ritorna e ritorna ancora. La guerra ahinoi va attraversata, non negata, e allo stesso modo non va alimentata. La guerra, come fecero i giovani insorti il 25 aprile va attraversata da uomini liberi contro i governi e i dittatori guerrafondai per riportare la pace. Da dove scriviamo in “occidente”, per almeno 70 anni la pace aveva dominato, circondata però dalla guerra e dalla “povertà”. Questa pace, armata, oggi porta il suo conto e il suo prezzo.
La globalizzazione, la velocità della vita, degli spostamenti delle persone e delle merci stanno ridefinendo i rapporti. Chi ha governato queste aree del pianeta oggi ha l’ambizione di rimettere in discussione questi equilibri. Chi ha tanto e vive in modo “superiore” ha paura di perdere il primato economico. Chi ha meno e ambisce a progredire vuole di più. Questo è il mondo di sopra, il mondo di chi decide il costo di 1 kg di farina, 1 barile di petrolio o 1 litro di acqua, anche l’aria tra poco, sempre più inquinata, avrà un costo. Questo è il mondo che non vogliamo ma in cui viviamo, il mondo che urla alla guerra fingendo la pace. Noi non vogliamo una pace costruita sui popoli che soffrono e il pianeta Terra che muore. Vogliamo una pace vera con il pianeta e con chi in ogni parte del mondo lo abita: donne, uomini e la natura tutta.