“Se una città fosse abbandonata dai suoi abitanti, dopo qualche decina di anni diverrebbe quasi irriconoscibile. La vegetazione l’avrebbe completamente colonizzata. L’asfalto sarebbe sollevato dalle radici degli alberi, sui tetti sarebbero comparsi erbe ed arbusti, i marciapiedi sarebbero diventati verdi di nuova vita. Prendendo lo spunto da questa visione, nasce il libro “Verde clandestino”, che si prefigge lo scopo appunto di descrivere come il verde spontaneo (definito “clandestino”) colonizza gli spazi urbani, specie quelli abbandonati dall’uomo. L’opera costituisce uno stimolo per il cittadino a trasformarsi da passante in osservatore. Ma anche un monito per l’uomo in generale, affinché egli senta con più consapevolezza la sua effimera essenza e l’effimera essenza delle sue opere”