Da L’indipendente di Stefano Baudino.
È in corso, a Vicenza, la quinta edizione del Venice Climate Camp, che fa da cassa di risonanza alla battaglia di cittadini e movimenti per la difesa di 25 mila metri quadrati di boschi che rischiano la distruzione a causa del progetto del Treno Alta Velocità. Nella cornice del campeggio nel bosco Cà Alte, che è iniziato giovedì e si protrarrà fino a stasera, attivisti e attiviste stanno animando l’ennesima mobilitazione contro la soppressione di un polmone verde che costituiva il parco dell’ex area industriale della Pettinatura Lanerossi, chiusa dal 1994 e ormai abbandonata, ampia circa 60 mila metri quadrati, nonché della stessa zona boschiva di Cà Alte, a esso adiacente. Venerdì mattina, i manifestanti hanno anche occupato il tetto della sede dell’Iricav 2, per denunciare la responsabilità dell’azienda nella costruzione della TAV e inaugurare le proteste tenutesi nel weekend nei boschi occupati.
Il Climate Camp è un importante evento internazionale concepito per riflettere sulla situazione ecologica e sulle possibili strategie di salvaguardia dell’ambiente. La manifestazione si è spostata per l’occasione dal lido di Venezia, dove annualmente gli attivisti ambientali cercano di sfruttare la luce mediatica della Mostra del Cinema per promuovere le proprie istanze, proprio a Vicenza, al fine di supportare la resistenza contro i cantieri del TAV. Secondo i piani, nell’ex Lanerossi dovrebbero sorgere il campo base e l’area di cantierizzazione a servizio dei lavori, con la creazione un’enorme spianata di terra battuta e cemento di 11.320 mq. A Cà Alte, si prevede l’abbattimento di ulteriori 14.000 mq di bosco. All’interno del bosco occupato, tra spazi informativi e un tendone installato per i dibattiti, trova spazio anche un orto curato dagli ambientalisti e varie bandiere con i colori del Movimento No TAV e della Palestina. Nel pomeriggio del 6 settembre ha avuto luogo una doppia manifestazione: dapprima, alle ore 16, è andato in scena un presidio in supporto alla causa palestinese – tenutosi in viale dell’Industria, davanti a Sharma, azienda che collabora con vari gruppi israeliani attivi nella compravendita di diamanti -, organizzato dalla rete Vicenza per la Palestina; successivamente, alle 17, si è tenuta la mobilitazione dal titolo “In direzione opposta al TAV: salute ambiente pace e democrazia”, con un corteo No Tav partito alle ore 17 dal bosco di Cà Alte. «Salvaguardare i boschi significa difendere noi stessi da un’opera devastante imposta da un modello di sviluppo che antepone il profitto alla salute delle persone e alla tutela dell’ambiente: da questo nasce il nostro netto e irremovibile NO alla distruzione del territorio della città di Vicenza», hanno scritto in un comunicato gli organizzatori della manifestazione, affermando che il TAV non è solo «distruzione di ecosistemi preziosi per l’assorbimento della Co2 e l’abbassamento delle temperature a tutela della nostra salute», ma anche «una delle principali infrastrutture della logistica militare che renderebbe Vicenza uno dei nodi logistici cardinali di un’economia di guerra che miete sempre più vittime».
Il Progetto Av/Ac Verona-Padova 2° lotto “Attraversamento di Vicenza” prevede il raddoppio dei binari sulla linea Milano-Venezia, inclusi i tratti che attraversano il centro abitato della cittadina veneta. Per la realizzazione del piano per l’alta velocità sono previste diverse demolizioni abitative, soprattutto nei quartieri di San Lazzaro, San Felice e Ferrovieri, tra i più popolosi di Vicenza, per un totale di circa 62.316 metri quadri di superficie. L’opera andrà a modificare 6,2 chilometri di tratto con annessi interventi all’intera viabilità nella parte ovest della città, fino alla stazione ferroviaria nel centro storico. Le proteste contro l’opera si sono intensificate dalla scorsa primavera, quando il bosco Lanerossi è stato occupato dai collettivi che si oppongono alla sua distruzione. Gli attivisti hanno organizzato performance, proiezioni, attività per bambini e momenti di condivisione collettiva, con l’obiettivo di fare luce sulle criticità del progetto e sull’impatto ambientale dell’opera.