Una strana primavera, quella rivaltese. Oltre ai fiori, spuntano carote, cadono pere e si annunciano ponti. Anzi “il Ponte di Rivalta”, la new-entry nella classifica delle opere pubbliche farlocche.
Le carote sono quelle delle ferrovie, che da inizio marzo sono tornate a trivellare Rivalta. Nella storia ultratrentennale della Torino Lione, il progetto preliminare della tratta nazionale arriva nel 2011. Un progetto faraonico, nato morto e presto disconosciuto dai suoi stessi supporter politici, spaventati dal costo esorbitante per le già esangui casse dello Stato. Schifato persino dal PNRR, viene ripescato in extremis a fine 2021, su pressione dei soliti politici torinesi in cerca di voti a base di cemento. Viene nominato un nuovo commissario governativo, il terzo in quasi vent’anni, che fa ripartire la progettazione in pompa magna, annunciando a più riprese il prossimo avvio dei cantieri.
Ma a Rivalta, si sa, cadono le pere. Ed è bella grossa la pera rotolata giù per il Consiglio Comunale, ieri sera. Una pera a forma di Duna. Non si tratta della più brutta auto Fiat della storia ma della ormai mitica (e orribile) collina artificiale lunga chilometri, dove governo e ferrovie vorrebbero cagare (termine forte ma purtroppo corrispondente alla realtà) i detriti di scavo del Tav. Ebbene, ieri la sorpresa è uscita dall’uovo di Pasqua.
Siamo nella vasta area agricola tra Rivalta e l’ospedale San Luigi, dove ci sono terreni molto produttivi perché dotati di un fitto reticolo di canali irrigui (le bealere) alimentato dalle ricche falde acquifere della Collina rivaltese e da prelievi sulla Dora Riparia che scorre in Valle di Susa. In caso di intense precipitazioni e di esondazione di questi canali, la Duna farebbe da diga provocando la formazione di un lago (avete letto bene, “lago”) profondo fino a 2 m! Rivalta come Piazza San Marco, insomma.
Quattordici anni di progettazione, otto anni di sondaggi geognostici non sono stati sufficienti alle ferrovie per rendersene conto. Ci ha pensato una “nuova” norma tecnica, che obbliga i progetti delle opere pubbliche a recepire i nuovi pericoli dovuti alla crisi climatica, con eventi meteorologici sempre più intensi e purtroppo non più eccezionali. Considerato che la progettazione è ripartita nel 2021 e che la norma è in vigore già dal 2018 (“quasi nuova”), la proverbiale lentezza dei progettisti dell’alta velocità ha lasciato di stucco persino il commissario, ceruleo sullo schermo della sua remota connessione al Consiglio. “Ma possibile che nessuno se ne sia accorto prima?” si è azzardato a chiedere il capogruppo PD della maggioranza rivaltese, finora prona a tutte le imposizioni di ogni governo. “Prima di me, nessuno ha fatto nulla” è stata l’imbarazzatissima risposta del sempre più fragile commissario, scaricando d’emblée le responsabilità sui suoi illustri predecessori Foietta e, prima ancora, lo scomparso Virano.
Passando di mano in mano, il cerino è quindi tornato a scottare le dita delle ferrovie, presenti in Consiglio con i tecnici di RFI e Italferr. Ogni problema ha la sua soluzione. La Duna fa il lago? Mettiamogli un bello scarico. Ed ecco a voi il “Ponte di Rivalta”: 500 m di viadotto ferroviario a 4 binari per collegare lo Scalo di Orbassano e la Duna, un po’ accorciata. E se piove? Sotto le arcate del ponte l’acqua potrà defluire liberamente verso il Sangone, evitando l’effetto “Venezia”. Un cambio di progetto bello e buono insomma. Con l’occasione Italferr ha sfoderato tutti gli stratagemmi per indorare la pillola: le forma delle arcate del ponte pregevolmente ispirate agli archi di ingresso del Castello e della Torre Civica del Ricetto rivaltese, un attento studio di armocromia per la discarica di detriti e gli immancabili alberelli a coprire gli scempi. Mancavano solo le decorazioni “raffiguranti scene di caccia”.
Ma il meglio del peggio di questo progetto deve ancora venire. Dopo anni di gioco delle tre carte, le ferrovie non hanno più potuto nascondere il lato oscuro dell’opera: la devastazione dei cantieri. Il progetto del 2011 aveva la sua ipotesi di cantierizzazione, già allora molto preoccupante. I pochi cenni sulle 4 slide srotolate ieri da Italferr sono bastati a mostrare che non avevamo ancora visto nulla. “Il Tav a Rivalta sarà un disastro” ha detto ieri un agricoltore rivaltese intervistato dall’Eco del Chisone. Se ci sarà ancora una Rivalta. Le aree di cantiere sono ancora più enormi di prima, ancora più addosso alle case e per un tempo dichiarato di non meno di 5 anni. Cantieri a cielo aperto molto molto più grandi, ovunque aree di scarico, strade di cantiere e piazzali, il consumo pressoché totale di tutte le aree agricole coinvolte.
Un disegno che cancellerebbe per sempre qualsiasi idea di Rivalta per sostituirla con un’unica colata di cemento e detriti. Maggioranza e minoranza sono rimasti attoniti di fronte alla distruzione che finora hanno colpevolmente contribuito a costruire. Di fronte a questa tremenda idea di morte, nell’aula del Consiglio è calato un silenzio spettrale. A romperlo, come sempre, è stata la musica delle idee di tante e tanti rivaltesi accorsi ieri in Consiglio insieme al comitato No Tav Rivalta. Un’autorevole lezione di competenza e senso del bene comune, impartita a commissario, progettisti e politici di turno. Il progetto non c’è, i soldi per realizzarlo neppure. Se siete venuti per capire che aria tira, la risposta era, è e sarà sempre la stessa: da Rivalta alla Valle di Susa nemmeno un metro quadro di suolo deve essere sprecato per l’opera più inutile d’Europa. I soldi mancano per realizzare la metropolitana a Torino, la città più inquinata d’Europa, e qui credono di propinarci il Ponte sullo Stretto di Rivalta con la distruzione totale del nostro territorio. Tornatevene a casa!
Mai come ieri sera il progetto Torino Lione si è mostrato per quello che è: un gigante con i piedi di argilla. Traballa, gli scricchioli sono sempre più forti. Farlo cadere tocca a noi. E tocca pure al Sindaco di Rivalta, che ora non ha più paraventi dietro ai quali nascondersi. Finora si è incautamente affidato a personaggi che lo hanno lasciato in braghe di tela. Ieri sera non ha avuto nemmeno il coraggio di fare le conclusioni del Consiglio. “Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare” scriveva Manzoni. Come l’acqua della Valle che scende nelle bealere di Rivalta, amministrazione o meno, noi quell’opera la fermeremo tutte e tutti insieme.
A sarà dura!