Di Roberto Mairone Centro Studi Sereno Regis
La scritta TAV = MAFIE, che da anni campeggia come un tazebao sulle pendici rocciose del monte Musiné all’imbocco della Valle di Susa, è da alcuni mesi al centro di una polemica scatenata da Igor Boni, presidente dei Radicali Italiani e membro dell’assemblea nazionale di +Europa.
In un post su Facebook del 26 ottobre 2023 Boni scrive “TAV=MAFIE è scritta infamante e illegale”.
L’esiguo numero dei commenti al post, tutti di segno opposto e fortemente critici (“… si occupi di qualcosa di serio” è il commento più pacato), avrebbero fatto desistere qualunque assennato dalla volontà di zittire il Movimento No Tav chiedendo la rimozione della scritta.
Così non è stato e la polemica perdura.
Voluta e realizzata dai No Tav la scritta TAV=MAFIE sintetizza ciò che hanno scritto il giudice Ferdinando Imposimato, l’avvocato Giuseppe Pisauro e il giornalista Sandro Provvisionato in “Corruzione ad Alta Velocità – Viaggio nel governo invisibile” del 1993. Nel libro si legge che “dopo Tangentopoli […] si è organicamente strutturata l’alleanza tra ceto politico e forze dominanti del potere economico delle grandi imprese sia private che pubbliche…”, “cosicché nelle grandi opere pubbliche, come l’Alta velocità e le autostrade, coesistono in perfetta armonia, i protagonisti di sempre: i boiardi di stato, i grandi mediatori corruttori, le imprese cooperative, Cosa nostra, la Camorra, alcuni magistrati collaudatori e i grandi gruppi finanziari…”.
Non solo. La più recente operazione Minotauro aveva svelato che, come scritto in un articolo su Il Sole 24 ore del 6 settembre 2011, “la ‘ndrangheta si è già posizionata da tempo lungo il percorso della Tav” e che “leggere il tracciato della Lione-Torino equivale, sinistramente, a sovrapporre il percorso alla mappa dei boss, delle famiglie mafiose e dei loro traffici criminali che, guarda caso, ruotano quasi tutti nel ciclo del cemento”.
Anche l’operazione San Michele, conclusasi nel 2014 dopo tre anni di indagini, intercettazioni ambientali e telefoniche, pedinamenti e controlli incrociati dei flussi di denaro aveva stabilito che la ‘ndrina di San Mauro Marchesato nel crotonese “si era interessata per l’acquisizione di commesse per lavori di movimento terra e per la realizzazione di opere pubbliche e ha tentato, senza riuscirci, a inserirsi nella filiera della tratta Alta Velocità Torino-Lione.
Di tutto ciò Igor Boni si è dimenticato oppure ritiene che questa stretta collusione criminale non sia un problema, o almeno non sia così grave quanto una scritta removibile che dà voce alle montagne e a una Valle intera.
In un articolo privo di firma, del 16 gennaio 2024 su La Stampa online, si legge che il Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, in risposta all’iniziativa dei radicali, dichiara che la scritta installata sulle pendici del Monte Musiné, nel territorio comunale di Almese, “contiene un messaggio di natura propagandistica, è pertanto regolamentato dall’articolo 47 (Classificazione dei veicoli) e viola le disposizioni dell’art. 23 del Codice della strada” (pubblicità sulle strade e sui veicoli). Per queste ragioni viene quindi intimato al Comune di Almese “di attivarsi adottando, al fine di garantire la sicurezza della circolazione stradale, le misure necessarie all’occorrenza per la rimozione dell’installazione”.
Immediatamente disponibile per un’intervista telefonica la Sindaca di Almese Ombretta Bertolo offre subito alcuni chiarimenti e spunti di riflessione per comprendere l’infondatezza e l’insensatezza dell’istanza di Boni e della presunta intimazione del Ministero al Comune di Almese.
Sottolineando l’inconsistenza politica di Igor Boni quale “perfetto sconosciuto per i più” e la necessità per qualsiasi personaggio politico, più o meno noto, di doversi occupare dei veri problemi del Paese e non di “cose ridicole”, la sindaca di Almese torna all’agosto 2023 e ricorda lo stupore provato alla visione di un video pubblicato su Facebook nel quale, lo stesso Boni, seduto sulla pietraia del Musiné definiva la scritta illegale, falsa e infamante e dichiarava di voler fare istanza popolare al Comune di Almese, così come previsto dall’art. 39 dello stesso Statuto comunale.
A differenza di quanto può trasparire dall’articolo de “La Stampa” online la Bertolo dichiara e conferma che, oltre all’istanza popolare, nessun atto formale è giunto al protocollo del Comune di Almese da parte del Ministero dei Trasporti e delle infrastrutture, da quel Ministero guidato da Matteo Salvini il quale non perde occasione e non spreca espediente per mettere in cattiva luce le ragioni degli oppositori alla NLTL (Nuova Linea Torino Lione), ergendosi a paladino delle grandi opere.
Non vi è pertanto alcun motivo attuale, secondo la Sindaca Bertolo e la sua Giunta, di preoccuparsi della rimozione della scritta. Di fatto “si sta parlando e polemizzando sul nulla”.
E non solo. La Sindaca del paese all’imbocco della Valle di Susa, che non nasconde la sua contrarietà alla Torino Lione e che conferma di non aver mai mancato agli eventi promossi dal Movimento No Tav e dalle amministrazioni contrarie alla grande opera, ringrazia Boni per l’iniziativa che ha permesso, in modo del tutto gratuito, di attirare l’attenzione sul movimento No Tav e su una scritta a cui molti non davano più importanza.
Le preoccupazioni della Bertolo e della sua Giunta sono altre e ben rappresentano il suo pragmatismo e la cura che dedica ai suoi cittadini. Una prima preoccupazione nasce dall’impervietà e dalla pericolosità del luogo ove compare la scritta e dalla possibilità che “sciocchi” e “insensati” emuli di Boni, dopo che quest’ultimo ha rivitalizzato l’interesse sul luogo, possano mettere in pericolo la loro incolumità nel tentativo di raggiungere la scritta per modificarla o cancellarla, proprio come accaduto molte volte in passato.
La seconda preoccupazione è, invece, di carattere politico e richiama le modalità con cui, in oltre trent’anni, la politica locale e nazionale non ha saputo comprendere le preoccupazioni degli amministratori locali, non ha mai voluto prendere in considerazione l’ipotesi di rivalutare l’effettiva utilità del progetto TAV e abbia messo in campo azioni, anche violente, esclusivamente volte a reprimere e zittire le ragioni del movimento No Tav, fino a voler cancellare quelle scritte sulle montagne, che sono sintesi del dissenso e delle sue ragioni.
La Sindaca Bertolo sottolinea ancora che l’istanza popolare avanzata da Boni e il risalto “social” che questi ha voluto dare al suo atto “civico” hanno immediatamente determinato una “manomissione” della scritta da parte di ignoti, seguita dall’immediato ripristino ad opera del Movimento No Tav. Contemporaneamente a questo tentativo di modificare la scritta il Comune di Almese lamenta di aver dovuto utilizzare risorse comunali per il ripristino della segnaletica dei sentieri abbattuta e vandalizzata.
Analizzando i contenuti dell’istanza popolare presentata dal presidente dei Radicali Italiani, Ombretta Bertolo sottolinea il riferimento “azzardato” agli articoli 23 e 47 del Codice della Strada, così come indicato nell’articolo de “La Stampa”.
Se già il richiamo all’art. 23 del Codice della Strada (Pubblicità sulle strade e sui veicoli) potrebbe diventare oggetto di un eccitante esercizio di dottrina è quello all’art. 47 dello stesso Codice (Classificazione dei veicoli) che getta nel ridicolo la fondatezza dell’istanza e la conoscenza normativa del provvido radicale, il quale richiama i due articoli anche nei suoi post sui social.
Sapendo di trovarsi di fronte ad una polemica ridicola e inopportuna e ribadendo che, alla data dell’intervista, nessuna comunicazione ufficiale è giunta al Comune di Almese la sindaca conferma la sua assoluta tranquillità. Solo nel caso in cui arrivasse una qualche intimazione a firma del Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture con l’obbligo di rimuovere la scritta del Musiné verrà “valutata una serie di cose”.
Se poi al Comune toccherà utilizzare parte delle scarse risorse economiche per rimuovere una scritta che “dopo qualche giorno sarà di nuovo lì, allora chiederò quante volte avrò l’obbligo di andarla a togliere”, sapendo che “il Comune di Almese non potrà interrompere tutte le attività comunali per andare ogni settimana, a spese dei contribuenti, a rimuovere una scritta semplicemente perché dà fastidio a qualcuno”. La Bertolo pragmaticamente afferma: “io ho tutt’altro da fare, tutt’altro a cui pensare”.
Anche i giornalisti dovrebbero occuparsi di altre cose più importanti o, almeno, scrivere dell’illegalità di una scritta su una montagna solo dopo essersi accertati dell’effettiva comunicazione fra enti ministeriali e il Comune.
In chiusura dell’intervista telefonica la Sindaca di Almese rivolge a Igor Boni un caloroso invito: quello di fare il Sindaco per dieci anni e imparare quali sono i veri problemi che affliggono le persone, quelle che quotidianamente si incontrano per le vie del proprio paese. Solo così, imparerà a occuparsi di ciò che veramente è importante e a tralasciare le sciocchezze, anche se queste ultime danno visibilità e sono utili alla propaganda.
Al Ministro dei trasporti e delle infrastrutture, invece, la Sindaca Bertolo rivolge l’esplicita richiesta di occuparsi oggi, non fra trent’anni, dei problemi del traffico, dell’inquinamento e degli incidenti che affliggono la Valle di Susa. Una Valle che ha dato tanto, che continua a offrirsi come passaggio naturale verso l’occidente europeo e che la politica premia con un vergognoso aumento dei pedaggi autostradali.
È proprio questo ennesimo aumento dei pedaggi di una delle più costose tratte autostradali d’Italia a far arrabbiare i sindaci e le amministrazioni valsusine. Aumento che si inserisce in un periodo critico per il traffico stradale della Valle, reso ancor più problematico dalla chiusura del tunnel del Monte Bianco, che a periodi alterni durerà ben diciannove anni e assicurerà un eccezionale afflusso di mezzi pesanti e un rilevante aumento degli incidenti sulle strade e autostrade della Valle.
La Valle di Susa ha bisogno di risposte oggi, di soluzioni immediate, innovative, sostenibili e che non verranno da una grande opera ecocida, anacronistica, inutile e imposta ai cittadini.
Alla Valle di Susa non servono la propaganda e il desiderio di visibilità di Boni o di Salvini.
In questa insensata polemica è chiaro che a vincere, a dispetto di chi si sbraccia in cerca di visibilità politica, sono, ancora una volta, la tenacia e la caparbietà di chi amministra territori difficili e lo fa sposando e difendendo le ragioni di quel movimento di opposizione ad un’opera devastante, la cui forza sta anche nell’aver dato voce alle montagne.