di Monica Gagliardi
Mi chiedo sempre più spesso cos’è la tutela del patrimonio storico valsusino. Ho la convinzione che se non si costruiscono grandi opere come il Tav o infrastrutture in genere, pochissimi euro vengono spesi per gli studi e per gli scavi archeologici. Ma cosa succede una volta che i soldi per queste campagne vengono elargiti (e in Valle se ne occupa Telt attualmente con la campagna di scavi tra Susa e Bussoleno di cui fa propaganda come benefattore) e vengono ritrovate tracce del passato? Si studia e si ritomba, oppure i reperti vengono portati nei musei (talvolta lontani) decontestualizzando il tutto. Oppure ancora vengono solamente citati e distrutti perché non così importanti a livello storico o per la Soprintendenza ai Beni Culturali. Capiremo meglio quando ci saranno i risultati degli scavi a Cascina Vanzone, Susa. Perchè ho queste domande? La Valsusa dove abito, Giaglione il paese in cui vivo e lavoro la terra, sono ricchi storia. Sia chi ci abita, sia chi arriva come turista e si ferma un po’, sente quanto sia forte il legame tra le persone e il territorio. Noi dal canto nostro stiamo imparando a fare accoglienza e a promuovere i prodotti locali che sovente arrivano da aziende agricole e artigianali di piccolissime, piccole e medie dimensioni. Anche in questo bel contesto, però, si inserisce Telt che da un lato riversa denaro sulle amministrazioni valsusine (creando il consenso anche della popolazione) e dall’altro cancella e distrugge ciò che c’è di più caro e sovente dato per scontato: la nostra storia, le nostre radici.
Il cantiere TAV di Chiomonte
L’ultimo allargamento del cantiere Telt di Chiomonte/Giaglione ha avuto come effetto diciamo “collaterale” la demolizione di uno dei caseggiati di Borgo Clarea. Come riportato dall’Ecomuseo di Salbertrand, in quell’edificio esistevano due pezzi importanti di vita in epoca protoindustriale: una pesta da canapa e un mulino di fattura particolare in quanto la macina era posta in orizzontale utilizzato per ricavare olio di noci. La produzione di olio di noci è stato un episodio unico negli stati Piemontesi Sabaudi, inferiore solo a quello della produzione dell’olio di oliva ligure tant’è che nel 1750 in Giaglione si producevano ed esportavano circa 101 quintali di olio (B. Molino). E la coltivazione e prima trasformazione della canapa (lungo il Clarea vi erano almeno 3 vasche di macerazione) era comune a molti paesi valsusini fino a circa settant’anni fa, con un fiorente commercio tra i produttori e i tessitori di Coazze/Giaveno. Era anche parte fondamentale delle lavorazioni artigianali perché il “corredo” era fatto prevalentemente di questa fibra, così come alcuni vestiti: ancora oggi aprendo vecchi bauli in soffitta è facile trovare tessuti che portano con sé anche le lunghe serate nei fienili dove le donne lavoravano insieme. Nonostante i mulini siano stati segnalati come patrimonio collettivo già durante le Osservazioni al progetto (intorno al 2016) dai consiglieri di minoranza dell’epoca e nonostante vi sia stato un forte interessamento da parte di due consiglieri di maggioranza nella nuova amministrazione nel 2019 (ai quali Telt non diede mai risposta) nulla è stato fatto per evitare questa perdita. Probabilmente vi sono stati incontri “ad personam” tra Telt e il sindaco. I consiglieri comunali di maggioranza che hanno seguito la vicenda, alla fine si sono dimessi alcuni mesi fa per problemi politici e personali. Nel consiglio comunale di Giaglione del 30 novembre 2023 vi è stata una languida comunicazione da parte del sindaco, Marco Rey, nella quale viene scritto che “a seguito del sequestro dei mulini Bar, ordinanza del tribunale di Torino, e conseguente allargamento del cantiere previsto, il Comune ha contattato Telt per delucidazioni in merito ai siti di interesse culturale e ha scritto a Telt espressamente per la tutela dei manufatti eventualmente rinvenuti. Di concerto è stata avvertita la Soprintendenza; visita sul sito congiunta a breve”. Una comunicazione fatta quando i buoi son già scappati dalla stalla, dato che come riportato l’allargamento era previsto e parte integrante della Variante di Progetto. Il sequestro e l’allargamento sono stati contemporanei nella giornata del 21 novembre. Quello che di fatto sappiamo è che l’edificio, il mulino per le noci e la pesta da canapa sono stati cancellati dai macchinari, le pietre buttate a terra con le ruspe che vi sono passate sopra (documentato dalle foto). Ad oggi mi chiedo dove sono finiti questi pezzi importanti di quel luogo.
L’atteggiamento di Telt e anche le azioni messe in campo dal sindaco (in questo caso di Giaglione) ricalcano l’idea del “noi facciamo e poi se qualcuno si lamenta o ne chiede conto, metteremo una pezza con un’altra compensazione o una donazione al museo del paese”. Se questo è il progresso che ci viene dato come inevitabile sinceramente ne resto disgustata. Per come vanno le cose l’unico motore che fa muovere la popolazione e le amministrazioni è il denaro. Denaro che per anni non si è visto in Valle e che a un certo punto è stato deciso di far arrivare ai Comuni attraverso Telt, società privata di diritto francese. Un brutto segnale davvero. “Le mucche non mangiano cemento”, così si intitola un bel libro scritto alcuni anni fa da Chiara Sasso e Luca Mercalli… e non c’è niente di più vero. Così come è vero che una popolazione senza un passato non può avere un futuro perché non basta tutelare i “grandi tesori” (come dipinti, gioielli, tombe di nobili), ma soprattutto bisogna salvaguardare quei pezzi di storia di vita quotidiana della gente. Sono certa di ricevere risposta alle mie domande: dove sono finite le macine del mulino e la pesta da cana- pa? Che cosa intendono fare Telt, Comune e Soprintendenza?
Monica Gagliardi
Giaglione