In questi giorni sta andando avanti il processo ai no tav per associazione a delinquere, ennesimo maxi-procedimento messo in piedi per provare a schiacciare il movimento e chi lo ha sostenuto in questi lunghi anni di lotta. Al centro del dibattimento, a questo giro, c’è la orwelliana tesi della procura di Torino che vorrebbe accollare agli imputati i costi della propria repressione, chiedendo loro di pagare per l’elefentìaco dispositivo di sicurezza messo in piedi in questi anni per proteggere la grande mala opera da contestazioni.
Se qualche udienza fa si era dunque provato a indicare il numero di agenti impiegati negli anni a difesa del cantiere al fine chiedere ai val susini di pagare gli stipendi dei poliziotti mandati a manganellarli, nel corso dell’ultima udienza sono state presentate le spese per “bunkerizzare” i siti dei lavori preparatori.
A Maurizio Bufalini (nomen omen), eterno direttore generale prima di LTF e ora di TELT, l’infame compito di presentare il conto di questa infinita militarizzazione del territorio. A quanto dichiarato in aula sarebbero stati spesi circa 30 milioni di euro (!!!) in 10 anni. Il tutto per impedire il legittimo diritto alla contestazione, diritto che dovrebbe potersi esprimere liberamente su tutto il territorio nazionale e che viene invece calpestato in Val di Susa ormai da quasi due decenni con km di filo spinato di fabbricazione israeliana, jersey di cemento, barriere alte 5 metri e altri obbrobri piazzati criminalmente in mezzo ai boschi.
Fanno sorridere, tra l’altro, le giustificazioni date in aula da Bufalini che assicura che i costi sono stati tutti a carico di TELT, come se non si trattasse di soggetto interamente finanziato con soldi pubblici provenienti quindi anche dai tanti no tav che abitano la Val Susa e tutta la penisola. Gli stessi che gli pagano da oltre 10 anni lo stipendio…