Martedì 28 febbraio il Tribunale di Torino è chiamato a pronunciarsi sulla richiesta, avanzata dalla Questura della stessa città, di applicazione della misura della “Sorveglianza speciale” ai danni di Giorgio Rossetto, compagno e militante di lunga data nelle lotte sociali che hanno interessato il territorio metropolitano torinese e della val Susa negli ultimi 40 anni. Senza alcuna vergogna e senso della misura si propone di interdire a Giorgio la vita civile e pubblica per 4 anni!
La radiografia meticolosa messa insieme dai solerti agenti della Digos sabauda e presentata al Tribunale di Sorveglianza dettaglia le condanne che Giorgio ha incassato lungo tutto l’arco della sua vita. Non si scordano nemmeno di una condanna infertagli nel lontano 1979, quando Giorgio aveva 16 anni e il clima politico e sociale erano ben altri. Rintracciando fin da allora il delinearsi di una “personalità criminosa”, si mettono insieme, tutte sullo stesso piano, condanne e assoluzioni, percorsi politici e frequentazione di persone “note agli inquirenti”, magari penalmente illibate. Si arriva addirittura al paradosso di ritenere Giorgio personalmente responsabile di un incidente in moto che ha subito (e nel quale ha rischiato la vita), sinistro nel quale Giorgio ha avuto ragione sul piano del codice stradale. Il culmine della vergogna si raggiunge nelle conclusioni finali dove vengono utilizzate le intercettazioni di un procedimento in corso (quello relativo all’associazione a delinquere per alcuni militanti del centro sociale askatasuna).
Se, come afferma giustamente il pensiero anti-penale, non si può giudicare un uomo dal proprio casellario giudiziario, è pur vero che nel caso di Giorgio la lunga lista di condanne infertegli dettagliano una condotta coerente e di tutto rispetto.
Cosa si rimprovera a Giorgio Rossetto?
Molto semplicemente, di essere un militante conseguente e determinato nei suoi propositi, poco avvezzo ad adeguarsi ai ravvedimenti (morali!?) che Procura e Questura gli hanno comminato in tutti questi anni.
Nel dossier che racconta la militanza politica di questo compagno ritroviamo, in forma di nota di polizia e tribunale, la puntuale sua presenza in tutte le lotte e gli appuntamenti importanti che hanno scandito una stagione di mobilitazione di un’epoca altrimenti infausta, segnata dalla spoliticizzazione e il rincoglionimento di massa incoraggiato da media e istituzioni. La sua colpa principale è di essere capace e saper tenere la gente insieme: “egli si distingue per la sua capacità di incitamento e di direzione dell’azione di altri sodali” (grassetto della Questura). L’efficacia politica si tramuta in manipolazione dell’altrui condotta, con buona pace della “responsabilità individuale” prevista dal codice penale.
Attivo nel Collettivo Spazi Metropolitani dalla metà degli anni ‘80, partecipe delle prime occupazioni di centri sociali, tra i fondatori di Radio Blackout, presente nell’occupazione e movimento della Pantera, in prima fila in tutti gli appuntamenti antifascisti, tutti gli scioperi e sì, dal 1999/2000, figura di riferimento imprescindibile nei passaggi di lotta e resistenza del movimento No Tav, battaglia in cui Giorgio ha riversato tutta la sua esperienza e intelligenza politica.
Agli agenti di PS e ai giudici che lo giudicheranno, vorremmo anche ricordare i dettagli mancanti di questa loro ricostruzione: Giorgio fu anche molto attivo nel movimento anti-nucleare che nel 1986 portò alla vittoria referendaria che chiuse le porte all’“energia padrona” nel nostro paese (percorso che oggi tutta la politica istituzionale vuole criminalmente riaprire).
E’ alquanto singolare (ma in fondo normale e dannatamente “storico”) che quelli che un domani potranno essere ricordati come gesti da ammirare ed imitare – se un domani ci sarà data la disinvoltura con cui i nostri governanti rischiano di consegnarlo a un inverno nucleare – vengano oggi repressi con tanta foga e puntualità.
Ma la ragione – non abbiamo dubbi – sta dalla parte di Giorgio e di quante e quanti in questi anni hanno lottato con lui. Del resto, cos’altro di dignitoso ci sarebbe mai da ricordare di questi maledetti 40 anni? Il rampantismo osceno degli anni ‘80, l’idiozia dei paninari, la Milano da bere? La Torino delle Olimpiadi e del PD?
Attraverso i residui canali di comunicazione che gli sono oggi concessi (da quasi un anno Giorgio è soggetto a severe restrizioni e a un andirivieni tra carcere e detenzione domiciliare) l’imputato fa sapere che non accetterà alcuna restrizione alla sua libertà di movimento e partecipazione politica. Non permetterà che un Tribunale disponga della sua possibilità di partecipare o meno a momenti che lui ritiene importanti come il 25 aprile o il 1 maggio.
Qualunque sarà la decisione che il Tribunale di Sorveglianza prenderà il prossimo 28 febbraio, Giorgio non si farà ridurre al silenzio e continuerà a far sentire la sua presenza a fianco di quanti e quante sentono intollerabile questo presente e intendono cambiare radicalmente i rapporti sociale che informano questo mondo.
“La solidarietà porta al dinamismo sociale, nel quale il militante svolge la funzione che gli compete. Ne deriva, e non è strano, che egli è più attivo nei momenti di tensione sociale, quando maggiore è questa solidarietà – o maggiormente posta in pericolo”.