Sabato 6 novembre, dalle ore 14.30, saremo a Mazzè, comune del canavese, per partecipare alla manifestazione popolare contro la costruzione del Deposito Unico di scorie nucleari.
In un’epoca complessa, dove tutto il mondo urla all’emergenza climatica legata prima di tutto all’inquinamento e allo sfruttamento ambientale, pensiamo sia importante sostenere i cittadini dei territori che rischiano di vedersi costruire a pochi chilometri dalle proprie case l’ennesimo cantiere mortifero.
Sappiamo bene quanto quei territori siano già stati depredati e distrutti dalle diverse discariche presenti, a cui si aggiunge anche la futura e presunta nascita dell’ennesimo cantiere Tav per il deposito dello smarino proveniente proprio dal cantiere di Chiomonte.
Crediamo che un sito che dovrebbe misurare circa 150 ettari di terreno, distribuiti tra Mazzè e Caluso, sia una scelta scellerata e non ignorabile.
Il progetto, portato avanti da Sogin, società pubblica responsabile del decommissioning degli impianti nucleari italiani e della gestione dei rifiuti radioattivi, comporterebbe diversi analogismi con quello devastante portato avanti da Telt in Valsusa: diverse strutture agricole e abitate rischierebbero l’esproprio e l’intero territorio, oggi caratterizzato anche dalla produzione del pregiato Erbaluce di Caluso, sarebbe sotto attacco diretto mettendo a repentaglio l’intera storia di quei territori.
Constatiamo, però, anche altre somiglianze con il territorio valsusino, certamente più positive, come l’attivazione immediata di un comitato di cittadini che, insieme alle Amministrazioni comunali, si sono da subito adoperati per contrastare un progetto decisamente distruttivo per la salute dell’ambiente e di chi vive quelle zone.
Ci troviamo di fronte all’ennesima opera ecocida che, se attuata, produrrebbe danneggiamenti devastanti alle popolazioni che vivono il canavese, territorio che ricordiamo essere già connotato da un gran numero di infrastrutture, considerando che il deposito causerebbe importanti danni inquinanti ai terreni a causa del numero di anni che ci vorrebbero per lo smaltimento naturale delle scorie: 100 anni per cessare la pericolosità di quelle a bassa e media intensità e 350 anni per quelle ad alta intensità.
Insomma, nonostante al momento Sogin stia affermando che si tratterebbe di un sito “temporaneo”, una temporalità di secoli mette in discussione il concetto stesso di “temporaneo”.
Ad aumentare le preoccupazioni di chi abita quei territori, si aggiunge il fatto che si sta parlando di un deposito unico a livello nazionale dove far confluire tutte le scorie a bassa intensità, ma anche quelle ad alta intensità provenienti da diversi paesi europei.
Pensiamo che oggi sia necessaria una seria inversione di marcia rispetto a queste folli idee che si concentrano tutte sotto il cappello della transizione ecologica, consapevoli che continuiamo a non credere alla storiella con cui quella nucleare viene definita “energia pulita”.
Per tutte queste ragioni saremo presenti alla manifestazione e invitiamo tutte e tutti quelli che desiderano un futuro libero dalle devastazioni ambientali, per garantirci un futuro in salute.
Di seguito riportiamo l’intervista a Silvano, attivista del comitato “Atomi Impazziti”, ai microfoni di Radio Onda D’Urto.