La linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione va avanti e mette a segno un altro cantiere. Che però non ha niente a che fare con la ferrovia. Si tratta infatti dell’autoporto in corso di realizzazione a San Didero, a venti chilometri di distanza da Susa, di recente sotto i riflettori dei media locali e nazionali per via di alcuni scontri tra manifestanti NoTav e forze dell’ordine.
Lo spazio occuperà una superficie di 68mila metri quadrati vicino all’autostrada A32. L’alta velocità Torino-Lione non c’entra. Fino a ora, del resto, i proponenti della linea ferroviaria avevano usato il trasferimento modale delle merci, ovvero il trasferimento da strada a rotaia dei beni trasportati tra Italia e Francia, come argomento principale per giustificare la realizzazione della stessa linea. Ora, con la costruzione del nuovo autoporto a San Didero, si rischia di dimostrare ancora una volta l’insussistenza della tratta contestata.
L’autoporto, che è “ormai approvato in tutte le sedi competenti” come riportano i giornali locali, costerà 47 milioni di euro e andrà a sostituire l’autoporto in funzione a Susa. Nel principale centro cittadino della valle sono previste le strutture della nuova stazione “internazionale” e il cantiere di base dell’alta velocità, per questo si è reso necessario trovare all’autoporto una nuova sistemazione. La scelta è ricaduta su San Didero perché qui esisteva già un complesso abbandonato, fanno sapere i proponenti attraverso fonti locali.
L’autoporto rappresenta un’area di sosta temporanea in caso di eventi eccezionali, come possono essere le grandi nevicate. In attesa che si ristabiliscano le condizioni meteorologiche, dunque, i tir che trasportano merci da e verso l’Italia possono sostare in quest’area. I proponenti sostengono che quest’area non possa essere troppo distante dal tunnel del Frejus e debba quindi collocarsi in prossimità della zona montana. Questa la spiegazione data a chi propone di usare l’esistente centro intermodale di Orbassano, in uscita da Torino, “dove vi sono grandi spazi inutilizzati”, come spiega Mario Cavargna, presidente di Pro Natura Torino.
Quindi esistono già due autoporti, non sfruttati al 100%, uno verrà chiuso e per questo deve essere sostituito mentre il secondo è troppo lontano. Si costruisce dunque un nuovo autoporto, più grande del precedente, in una valle che punta quasi 30 miliardi di euro per realizzare una ferrovia ad alta capacità in grado di spostare le merci dai mezzi su gomma alla rotaia. “I proponenti del progetto di realizzazione dell’autoporto non hanno presentato alcuna proiezione di traffico. Questa si può desumere dall’imminente apertura della seconda canna del tunnel del Frejus”, aggiunge Cavargna. Il tunnel a due canne è un’altra dimostrazione del fatto che la valle a parole punta sui treni, ma i fatti propendono per i tir.
“La seconda canna era nata come corsia per emergenze. Era stata allargata di diametro su promessa solenne che mai sarebbe stata aperta al traffico. Ma sotto una forte pressione politica si autorizzò l’uso come seconda canna di transito per passare da 700.000 a 1,5 milioni di tir all’anno. Mettere la circolazione ordinaria in una canna di sicurezza è come inchiodare due file di poltrone davanti alle uscite di emergenza di un teatro”. Nel 2005, un incendio divampato nella galleria causò due morti, fatto che ricorda, per analogie, il ben più tragico incidente avvenuto nel tunnel del Monte Bianco qualche anno prima, nel 1999.
Un tentativo di togliere i mezzi pesanti dalla strada, la Val di Susa lo ha già fatto in passato con la creazione dell’Autostrada Ferroviaria Alpina (AFA). Il funzionamento è semplice: i tir vengono caricati direttamente sui treni grazie a degli speciali carri ribassati (Modalohr). Gli autocarri partono proprio dal centro intermodale di Orbassano, per arrivare a Bourgneuf-Aiton, in Francia, e viceversa. Sono 175 chilometri in poco meno di tre ore, evitando traffico di mezzi pesanti su statale e autostrada. Rendendo di fatto inutile il nuovo autoporto di San Didero, che andrebbe così a collocarsi a metà strada. “La sperimentazione è iniziata nel 2003 ma ben presto si è rivelata un totale fallimento”, continua il presidente di Pro Natura Piemonte. “L’opera doveva rappresentare un esempio per il settore dei trasporti e garantire 100 viaggi al giorno. Invece è finita che ci sono quattro coppie di treni al giorno che utilizzano questa modalità e si trasportano solo i semirimorchi, non tir interi”. Il motivo sarebbe principalmente legato al costo del trasferimento modale e ai tempi di sosta troppo lunghi dovuti alla scarsa frequenza del servizio. “Gli autotrasportatori preferiscono inforcare l’autostrada piuttosto che aspettare”.
Il contesto, infine, è quello di un valico dove il traffico di merci è in costante calo: dal 1999 a oggi, secondo le proiezioni raccolte da Pro Natura, la ferrovia ha perso i due terzi di merci trasportate (da 10 milioni di tonnellate del 1999 a 2,7 milioni), l’autostrada un terzo (da 13 milioni -con punte di 24 milioni di tonnellate quando il traforo del Monte Bianco era chiuso- si è passati a 10 milioni e i numeri continuano a crescere). Insomma, di esperimenti finiti male la Valsusa ne ha già collezionati abbastanza. San Didero rischia di essere l’ennesimo tassello negativo prima dei ben più impattanti progetti a venire.