Leggendo le reazioni all’articolo che abbiamo pubblicato stamattina, in cui abbiamo rivelato che
una delle madamin sitav era in realtà pagata dalla ditta promotrice dell’opera, siamo rimasti un po’ confusi. Prima scopriamo su la Stampa la dichiarazione di una “collega” che dice che non ne sapeva nulla, poi poche ore su Repubblica la madamina al centro della vicenda dice che la “lo sapevano tutte e non è mai stato un problema”
Abbiamo anche letto che le signore in arancione considerano “falso e diffamatorio” il nostro articolo. Ma falso in cosa? I dati degli appalti sono tutti pubblici sul sito dell’autorità anti-corruzione (ma evidentemente imbarazzanti se abbiamo dovuti rivelarli noi a 2 anni di distanza…). Per ll resto ci pare tutto rientrare nel diritto di critica. Oppure vogliamo negare che se si prendono 90.000 euro da un’azienda si diventa piuttosto ben disposti verso la stessa e forse questo reciproco interesse influisce sul fatto che ci si metta a capo di un “movimento spontaneo” per sostenerla?
Poi se davvero si pensa che le nostre affermazioni siano diffamatorie immaginiamo ci ritroveremo in tribunale. Certo in montagna non abbiamo a disposizioni i grandi civilisti della collina ma sicuramente ci divertiamo.