Tutti ricorderanno, nel novembre del 2018, l’irrompere sulla scena politica di una folla di favorevoli al TAV. Non sporca e cattiva come un movimento, non inflazionata come i partiti, la cosiddetta “società civile”, osannata dai giornali, si muoveva per sostenere il traballante progetto TAV. Il tutto, guarda caso, proprio nel momento decisivo, poco prima che la pusillanimità del M5S e di Giuseppe Conte mandasse avanti il raddoppio della Torino-Lione smentendo clamorosamente l’analisi costi-benefici che dimostrava per l’ennesima volta la nocività di una seconda linea parallela e “doppione” di quella esistente.
Che non ci fosse granché di spontaneo in quella piazza Castello gremita appena il tempo di una foto, era indicato subito dalla presenza più o meno sorniona di sotto-segretari, ministri, parlamentari senza contare le varie associazioni corporative confindustria, confcommercio, confesercenti e conflaqualunque. D’altro canto, che le “madamine” della collina fossero più o meno eterodirette era evidente anche dalle non proprio brillanti performance mediatiche in cui ammettevano la propria totale ignoranza a proposito del progetto, coperta solo da slogan vuoti quanto arroganti come quelli sui valsusini che dovevano limitarsi a prendere la loro capretta e andare a vivere nella valle accanto. Ma chi avrebbe immaginato che a tirare i fili delle marionette in arancione ci fosse niente di meno che la società promotrice del TAV?
È proprio quello che abbiamo scoperto spulciando i dati degli appalti assegnati da Telt. Simonetta Carbone, presentata all’epoca come “esperta di pubbliche relazioni” dalle agiografie dei principali quotidiani, aveva ricevuto pochi mesi prima delle piazze si tav un contratto da 90.000 euro per la società di cui è fondatrice e socia unica (l’appalto è visibile a questo indirizzo https://dati.anticorruzione.it/superset/dettaglio_cig/ZBC24B2382 ).
In sostanza i flashmob “spontanei” organizzati per il SÌ al TAV, salutati da tutti i giornali come risveglio democratico e civile, erano pagati direttamente dalla società che dovrebbe realizzare il TAV. Detto altrimenti, a due anni di distanza viene fuori che uno degli snodi fondamentali della politica recente del nostro paese – un evento che ha contribuito tra l’altro a calpestare la volontà della Val Susa, regalarci la più grande devastazione ambientale dell’arco alpino degli ultimi 30 anni, far cadere un governo e condannare a ulteriori misure restrittive della libertà personale i notav – non era altro che una pantomima con figuranti e claque.
Sappiamo anche per certo che la cosa era già nota all’epoca nelle principali redazioni torinesi, senza che nessun “giornalista” abbia creduto opportuno rendere pubblica questa circostanza. Ma non vi vergognate?