E’ passato più di un anno dall’inizio dell’emergenza causata dal Covid-19, ed è più di un anno che ci si trova incastrati all’interno di un sistema che continua a propagandare soluzioni di facciata attraverso dubbie e continue campagne elettorali. Nel frattempo, però, si continua a non riuscire a vedere la fine di questo disastro che, inevitabilmente, ha portato l’avvicendarsi e l’acuirsi di una profonda crisi sanitaria, economica e sociale su scala internazionale.
Ci troviamo davanti allo stesso sistema capitalistico che da tempo immemore e a testa bassa, continua a divorare letteralmente qualsiasi cosa intorno a sé, ignorando completamente i limiti della natura. Ed è così che, la devastazione ambientale, coadiuvata dal velocizzarsi dello spostamento delle merci, delle persone e del denaro, ha fatto sì che si creassero le giuste condizioni all’interno delle quali il virus ha avuto modo di propagarsi a una velocità immensa, quasi senza precedenti.
Ma non ci si può fermare. Soprattutto qui in Valsusa. Ce lo dicono ormai dai 30 anni. Un’inversione di rotta sarebbe un duro colpo per il sistema politico e economico in cui abbiamo vissuto fino ad ora: fermarsi, rallentare e fare “qualche passo indietro” significherebbe prendere consapevolezza che si tratta di un sistema estremamente fallimentare.
Dopo aver passato gli ultimi 10 anni a devastare la Val Clarea e i suoi ecosistemi, speso milioni di euro per la costruzione di un tunnel geognostico e per la difesa di quel cantiere, il 12 di aprile sono arrivati a San Didero in piena notte. Sono stati mobilitati più di mille agenti in antisommossa (armati di tutto punto con idranti, droni, recinzioni e filo spinato) per difendere la presa di possesso dei terreni dell’ex- autoporto.
Un numero sconsiderato di lacrimogeni lanciati ad altezza uomo ha causato gravi ferimenti, persone che difendono il proprio territorio sono state private del diritto di spostarsi e di esprimere il proprio dissenso, molti, tantissimi sono stati i cittadini obbligati a respirare l’aria tossica della grande opera.
In questa ultime settimane, in cui stiamo vedendo all’opera e vivendo sulla nostra pelle gli sviluppi dell’ormai tristemente famosa “Transizione ecologica” del Governo Draghi, diventa sempre più chiaro che a sfamarla è la bulimia di questo inarrestabile progresso.
Si, perchè in Val di Susa un autoporto già c’è ma bisogna spostarlo per “far largo” alla spaziale stazione internazionale di Susa, che sarà costruita, così come la nuova struttura di San Didero, secondo criteri che rispetteranno i parametri ambientali: pannelli solari, risparmio energetico, materiali ecosostenibili e così via discorrendo.
Ma per far spazio a questa eccellenza della green economy da miliardi di euro, migliaia di ettari di bosco verranno rasi al suolo.
Ecco il futuro della Val di Susa, che ormai pare essere completamente fuori dallo stato di diritto, secondo la transizione ecologica del ministro Cingolani: una caserma a cielo aperto in piena Valle, anni di cantieri in cui saranno smosse terre che contengono materiale tossico a causa della vicina acciaieria Beltrame, materiali di scarto stoccati nei paesi vicini in vere e proprie fabbriche di inquinamento a cielo aperto, emissioni di CO2 ben sopra la norma consentita e il conseguente aumento delle malattie cardio-polmonari su tutto il territorio.
Tutto questo per fare l’occhiolino e stringere le mani sotto al banco alla politica del denaro, a scapito di tutti coloro che si trovano costretti a pagare i costi della crisi e che ogni giorno combattono per la propria sopravvivenza.
In questo modo si stanno andando ad allargare sempre di più le maglie della rete sociale in cui viviamo, mostrando in maniera sempre più lampante le differenze tra poveri e ricchi, tra chi può permettersi il lusso e la dignità di curarsi e vaccinarsi e chi invece è costretto ai margini senza possibilità di scelta.
Anni di tagli alla sanità pubblica e privatizzazione dei servizi, hanno portato a costituire questa condizione a tratti irreversibile in cui i piccoli territori sono costretti a delocalizzare i propri servizi sanitari verso poli più grossi che, conseguentemente, in questo momento hanno delle difficoltà di gestione elevatissime rispetto in particolare all’emergenza Covid-19.
Qui in Valsusa sono anni che subiamo il progetto regionale, portato avanti da tutte le giunte susseguitesi nei decenni, di depotenziamento della sanità locale, a partire dai piccoli ambulatori che sono costretti a chiudere arrivando poi al caso, più eclatante dell’ospedale di Susa. Polo importantissimo per tutto il territorio, in cui molti reparti sono stati tagliati, (uno su tutti quello della maternità) che ha, al momento, una gestione del quotidiano attraverso servizi ambulatoriali ma incapace di gestire le urgenze. E questo vale anche per i casi Covid che affliggono la Valle e che sono costretti ad essere trasferiti in altri ospedali perchè non ci sono i mezzi per fronteggiare questa epidemia.
Se fosse stata utilizzata anche solo metà dei soldi e dell’impegno sprecati per mettere in piedi questi cantieri e il sistema di controllo a loro dedicato, per impiegare più risorse nel sistema sanitario nazionale creando dei piani territoriali di sanità capillari, investendo su screening a tappeto e prevenzione, forse ad oggi, in piena pandemia mondiale, non saremmo a questo punto così critico.
Guardando con la lente di ingrandimento il caso della Val di Susa è chiaro quali siano le vere priorità dello Stato: non già la tutela e la salute dei propri cittadini e della Terra, ma la distruzione in nome di un potere che supera qualsiasi confine e condizione umana.
Oggi essere No Tav non vuol dire lottare semplicemente contro una grande opera inutile, ma vuol dire dimostrare che esiste un modo diverso per attraversare questo mondo, in cui le relazioni tra esseri umani e natura non siano di sopraffazione ma di convivenza per tutte e tutti.
Per questo il 1 maggio scenderemo in piazza, con la voglia di tornare a farlo anche con tutte e tutti i No Tav che ad oggi non potranno essere con noi a causa delle fortissime limitazioni delle proprie libertà personali.
Ci vediamo sabato mattina alle ore 9.30 ai due appuntamenti in Piazza Vittorio Veneto e in Piazza Castello!