curata da Maria Grazia De Michele
presentazione di Nicoletta Dosio
Inaugurazione Domenica 8 Dicembre 2019 ore 17,00 presso il Salone Polivalente – Borgata VIII Dicembre – Venaus
La mostra rimarrà aperta dal 08/12/2019 al 12/01/2020
dalle 15,00 alle 19,00 nei fine settimana e nei giorni festivi
per Informazioni: Maria Grazia 3471596884 & Diego3474195587
“Queste non sono solo fotografie, ma la storia di una Valle la nostra, che qualcuno vorrebbe svuotare di vita e resistenza per consegnarla inerme a quella devastazione che accomuna la Valle di Susa agli infiniti territori messi a ferro e fuoco da un sistema sempre più irresponsabile e violento
Contro l’arroganza dei devastatori e il silenzio assordante degli indifferenti, si alza l’urlo muto del secolare castagno di Clarea, la sola voce davvero efficace a narrare l’indicibile: le migliaia di alberi abbattuti per far posto al deserto dei cantieri; le montagne di detriti carichi di uranio e amianto, estratti dal corpo vivo della montagna e abbandonati ad inquinare i luoghi ed a minare la salute di chi ci vive; i reticolati di filo spinato celati nel sottobosco, insidia quotidiana per uomini e animali (ah il lamento del piccolo capriolo che trovammo morente, impigliato nella concertina…); le reti e i cancelli che proteggono il cantiere-fortezza e sbarrano le strade dei valichi, già liberamente percorse nei millenni da pastori, pellegrini, viaggiatori.
E non è solo un singolare gioco di natura quell’altro grande volto che emerge tra le ombre della selva, contro la parete rocciosa, là dove i devastatori di sempre vorrebbero scavare il tunnel ferroviario transfrontaliero di 57 chilometri.
Geologicamente, si tratta di un megalite dell’antica frana che frantumò la montagna in cumuli di massi poi imbrigliati dalla vegetazione, fino a diventare, attraverso i secoli, solidi ripari sotto roccia, utilizzati, già nel neolitico, da uomini e greggi.
Ma gli anni e gli agenti atmosferici hanno sbozzato dalla pietra un profilo tra l’umano e il leonino, come di gigante insieme severo e bonario, portatore di una saggezza che sa andare oltre il tempo breve delle umane ambizioni. Una presenza amica e rassicurante che veglia sui luoghi della nostra lotta e con noi si prepara a difenderne la vita e la storia dalle ruspe e dalle frese di un illusorio progresso.
Tra queste immagini-simbolo si dipana la cronaca di una valle stretta fra l’assalto delle grandi male opere e la fragilità di un territorio abbandonato a decenni d’incuria.
Ecco la linea ferroviaria internazionale già esistente, sulla quale passano TGV semivuoti e convogli merci dai pianali deserti, mentre scompaiono i servizi pendolari, si chiudono le stazioni e quello che fu un importante polo ferroviario è ormai un coacervo di edifici abbandonati.
E c’è l’autostrada, un nastro d’asfalto che contende terreno al fiume, avvelena l’aria con i gas di scarico dei suoi TIR e, là dove erano cascine, orti, frutteti, zone umide, innalza le strutture architettoniche dell’usa e getta: torri disabitate ed edifici in fatiscente abbandono, piloni di cemento che sottraggono lo scarso terreno alle vigne ed aggravano il dissesto idrogeologico.
Ci sono gli scheletri arrugginiti dei grandi mali eventi, quelle olimpiadi invernali che costarono, oltre alla devastazioni di pascoli e pinete, la vita degli operai morti nei cantieri, lo stravolgimento dei piani regolatori comunali consegnati alla speculazione privata; e, non ultimi, i miliardi di denaro pubblico inghiottiti dal pozzo senza fondo del partito trasversale degli affari.
Sull’altare del Progresso e del mercato sono state sacrificate le buone pratiche di vita, le attività, i saperi, la bellezza, la socialità… e la sicurezza del territorio, espropriato delle tante, piccole, indispensabili opere utili che lo farebbero rivivere e darebbero lavoro abbondante e decente. Un’incuria non casuale, ma voluta, programmata, che si fa incendio doloso dei versanti montani, alluvione di fango e ceneri, portate a valle dal disgelo e dalle piogge di primavera.
Ma l’urlo muto dell’antico castagno e la calma fermezza del buon gigante di pietra non ci permettono debolezze né abbandoni e ci dicono che “neanche i morti sono al sicuro se il nemico vince”. Un futuro degno c’è, se lo vogliamo: lo stato di cose presente non è l’unico dei mondi possibili.”
Nicoletta Dosio