Già nella decisione della Cassazione sul maxiprocesso era chiaro che giudici torinesi avessero totalmente ignorato ogni testimonianza e questione legittimamente poste dai nostri difensori.
Oggi, ne abbiamo la conferma con le motivazioni pubblicate.
Nel giudicare i fatti del 27 giugno e del 3 luglio i giudici hanno agito con un preconcetto, probabilmente instillato dalla Procura, che ha fatto si che non fossero tenute in considerazione prove diverse da quelle presentate dalla procura, soprattutto nel merito del comportamento delle forze dell’ordine, nonostante fossero state presentati foto e video.
Inoltre, le motivazioni evidenziano, come esposto dai nostri avvocati, un uso disinvolto del “concorso di persone nel reato.”
La sentenza torinese, inoltre,“è fortemente viziata da un ragionamento giuridico congetturale e presuntivo”, i principi giurisprudenziali che regolano il concorso nel reato risultano “sistematicamente pretermessi o esplicitamente inosservati in numerosi e cruciali snodi argomentativi della motivazione”. In sostanza: chi è stato ripreso in un dato momento in un dato luogo non può, in difetto di prove, essere chiamato a rispondere in concorso per fatti avvenuti in un arco temporale e spaziale diverso.
Infatti la Cassazione bacchetta ancora la Corte d’appello per non aver concesso le attenuanti agli imputati, non tenendo conto del contesto, collettivo e concitato, ma facendo passare ogni azione come un atto singolo e premeditato da tempo.
La Cassazione ha annullato la costituzione dei sindacati di Polizia nei confronti di alcuni imputati, perché “non è stata lesa la condizione lavorativa e di vita sul luogo di lavoro”.
Non mancheranno occasioni per una più approfondita analisi della sentenza che oggi però ci vede vittoriosi nei confronti di un’azione giudiziaria più politica che giuridica e tutta volta a stigmatizzare e reprimere un Movimento che da 30 anni, per lo più inascoltato, si oppone ad un’opera inutile e dannosa.