Mercoledì 7 febbraio alle ore 9:30 l’aula magna del nostro Campus ospiterà un seminario dal titolo “Il dibattito pubblico per opere condivise”. La convocazione parla di: “un incontro fra studiosi, operatori e imprese sulla legge che introduce in Italia il confronto con i cittadini sulle grandi infrastrutture.” Tra gli ospiti niente meno che il ministro dei trasporti e delle infrastrutture Graziano Del Rio, il professore Gustavo Zagrebelsky e il rettore della nostra università Ajani, il tutto coordinato da Iolanda Romano, commissario governativo della tratta ad alta velocità tra Torino e Genova ribattezzata “terzo valico”.
Negli ultimi anni le università sono utilizzate sempre più spesso come luoghi dove esibire dibattiti sulla trasparenza e la condivisone di progetti di grandi opere nel paese. Tentativi che però celano ed escludono sistematicamente i protagonisti dei territori interessati, coloro che nel quotidiano subiscono l’impatto di queste opere nelle loro vite. E in Valsusa più platealmente che altrove, i termini dibattito e condivisione sono lettera morta, nessuna consultazione, nessun referendum, gli unici “incontri” che si sono avuti con le persone interessate sono stati attraverso i manganelli della polizia e le migliaia di denunce emesse dalle procure a danno di centinaia di abitanti delle zone interessate.
Ci teniamo a sottolineare che queste opere ci riguardano tutti e tutte, non solo perché devastano i nostri territori e l’ambiente in cui viviamo, ma anche perché agiscono direttamente sul nostro portafoglio attraverso i costi in continuo aumento della mobilità e le tasse. Parliamo di fatti:
– Delle 5.5 milioni di persone che ogni giorno si muovono con la linea ferroviaria, il 96% lo fa su treni regionali e metropolitane e solo il 4% su treni interregionali e ad alta velocità. La costruzione delle nuove linee ad alta velocità TAV assorbono però il 90% delle risorse e solo il restante 10% viene dedicato alle “manutenzioni” delle linee pendolari.
– Su quest’ultime linee negli ultimi anni si sono consumate due tragedie: lo scontro tra due treni nella tratta mono-binario (si, in Italia ci sono ancora tratte mono-binario nel 2018) tra Andria e Corato (23 morti e 57 feriti). La seconda è il recente deragliamento (25 gennaio 2018) di un treno regionale (Cremona-Milano) che ha causato la morte di tre donne e 46 feriti.
– Il Terzo Valico costerà complessivamente 6,2 miliardi di euro con un costo di ben 134 milioni di euro/chilometro. Il Tav in Valsusa costerà complessivamente 9,6 miliardi di euro con un costo di 167,5 milioni di euro/chilometro (delibera CIPE 67/2017). Il Tav Brescia-Verona ha un costo di 54 milioni di euro/chilometro, costo preventivato mancando ancora il progetto definitivo completo.
Stiamo parlando di opere inutili prive di seri studi sul rapporto costi/benefici. Opere devastanti per i nostri territori che mettono a repentaglio la nostra salute. Opere che sarebbero totalmente prive di senso anche se avessero un costo medio in linea con gli altri paesi europei (10 milioni di euro al km in Francia e 9 milioni di euro al km in Spagna).
Ci pare pertanto chiaro che la vera ragione per cui si investe moltissimo in alta velocità nulla ha a che fare con l’esigenza di ammodernare il paese, ma se mai con quella di ingrassare le tasche già gonfie delle grandi aziende costruttrici molto spesso implicate in gravissimi scandali (proprio in quel Piemonte e in quella Lombardia in cui da 40 anni la ‘ndrangheta si è infiltrata senza disturbo nel settore degli appalti pubblici, del movimento terra e dell’edilizia).
Chi ogni giorno giustifica e promuove queste politiche è il diretto responsabile delle conseguenze che viviamo nelle nostre vite. Mercoledì al CLE verranno a parlare coloro che da 20 anni decidono che in Italia non ci sono i soldi per far viaggiare in sicurezza i pendolari, perché si possa aggiustare in velocità una rotaia, per i servizi e le infrastrutture realmente necessarie a tutti (quanti ospedali stanno chiudendo tra Torino e la Valsusa? quanto è frequente la notizia di scuole pubbliche che cadono a pezzi?), ma che ci sono MILIARDI di euro per costruire opere inutili e nocive.
Se Del Rio e il rettore Ajani pensano di usare il campus come passerella per sponsorizzare la loro democraticità e trasparenza nella promozione di queste opere inutili, si sbagliano perché i No Tav si battono da 25 anni affinché le risorse siano destinate ad ambiti e settori che riguardano la tutela ed il progresso della società, l’università e la formazione: adesso tocca a noi ricambiare e gridare che le risorse devono essere usate per altro.
Fermare le grandi opere è possibile, fermarle tocca a noi.
Ci troviamo alle 8.30 al Campus Einaudi per preparare una degna accoglienza notav!