E’ iniziato nella tarda mattinata il processo a carico di sette dei nove fermati nella notte tra il 19 ed il 20 luglio 2013 nel corso di una passeggiata in Val Clarea.
Quella notte le forze dell’ordine, dopo aver lanciato un numero spropositato di lacrimogeni, caricarono i manifestanti con una manovra a tenaglia, impedendo loro ogni via di fuga. Tutti i fermati furono brutalmente picchiati e riportarono lesioni. Tra questi vi era Marta che denunciò pubblicamente ed in Procura di essere stata picchiata, abusata sessualmente ed ingiuriata anche da un’agente donna. Marta è già stata prosciolta dalle accuse mossele, mentre i suoi compagni sono stati tutti rinviati a giudizio. La posizione degli agenti che la picchiarono, le toccarono il seno e la vagina e le diedero ripetutamente della puttana, è stata archiviata perché, così hanno spiegato la Procura ed il G.I.P., i toccamenti dovevano considerarsi mere manovre di soccorso, gli epiteti e le ingiurie rientrerebbero nel novero di generiche quanto consentite imprecazioni e le gravi lesioni riportate andrebbero addebitate non agli agenti di Polizia ma piuttosto agli stessi manifestanti. Non ha avuto miglior esito il procedimento penale scaturito dalla denuncia di un altro manifestante, il cui pestaggio fu persino ripreso da un operatore RAI: la posizione degli agenti è stata archiviata con motivazioni non meno risibili. Analoga sorte ha avuto il procedimento penale avviato contro i Carabinieri che picchiarono un ragazzo minorenne: all’archiviazione in questo caso è seguita anche una denuncia per calunnia. Il procedimento penale che vede imputato il ragazzo è ora in corso davanti al Tribunale per i Minorenni di Torino. Per gli altri manifestanti feriti non risultano neppure mai avviate indagini.
Quella notte al cantiere Tav erano presenti anche i due pubblici ministeri Padalino e Rinaudo, i medesimi che, oltre a gestire la più parte dei fascicoli relativi alle vicende legate alle contestazioni contro il Tav, hanno sostenuto l’accusa nei confronti di tutti i fermati, contemporaneamente gestendo e richiedendo l’archiviazione di tutti i fascicoli nei quali gli stessi fermati rivestivano il ruolo di persone offese perché picchiati dalle ff.oo., le stesse ff.oo. a cui, peraltro, sono state delegate le indagini, sia a sostegno delle accuse mosse ai manifestanti che a sostegno delle accuse mosse dai manifestanti contro le stesse ff.oo.. Altro che il conflitto di interessi del Ministro Boschi!
Al quotidiano La Repubblica, due giorni dopo i fatti, i p.m. avevano dichiarato: “siamo titolari di gran parte delle inchieste sui disordini legati alla protesta No Tav e volevamo renderci conto di persona della realtà del fenomeno. In più sapevamo che c’ era in programma questa manifestazione notturna e sulla base dell’ esperienza pregressa e anche di certe indicazioni inequivoche che arrivavano dai siti vicini alle frange più estreme del movimento era plausibile che ci sarebbero stati degli scontri”, “siamo rimasti sino alle tre, l’ attacco al cantiere è stato di una violenza inaudita. Ci sono stati lanci di sassi, razzi tirati ad altezza d’ uomo e soprattutto l’ uso pericolosissimo di bottiglie molotov. Il tutto secondo una strategia militare che pareva studiata nei minimi dettagli. Ora ci siamo fatti un’ idea precisa di quello che accade veramente in quelle notti”, “ eravamo lì esclusivamente per capire di cosa si parla in realtà quando si fa riferimento agli attacchi al cantiere. Un conto infatti è leggere i rapporti, un altro è vedere di persona che cosa accade quando si parla di “passeggiate notturne” alle reti di recinzione”. Ed allora, visto che i manifestanti hanno sempre sostenuto una versione differente dei fatti e visto che i P.M. erano presenti, che avevano dichiarato di aver visto tutto “di persona”, di essersi resi conto di una violenza inaudita, di aver visto lanci di sassi, razzi e quant’altro, la difesa di due degli imputati ha chiesto di poterli sentire come testimoni. Certo, c’è un piccolo problema: la stessa persona non può essere contemporaneamente pubblico ministero e testimone. E chi sperava che tale situazione avrebbe indotto i pubblici ministeri ad astenersi dalla pubblica accusa almeno per ragioni di ovvia opportunità è rimasto deluso.
Padalino e Rinaudo hanno invece dichiarato di essere stati effettivamente presenti al cantiere ma di non aver visto assolutamente nulla! Hanno poi aggiunto che la loro presenza era dettata da indagini in corso e chi svolge indagini, appunto, non può essere chiamato a testimoniare.
Ora: non ci si illude di poter conoscere le ragioni per le quali si può impunemente affermare prima una cosa e poi un’altra diametralmente opposta senza destare alcun sospetto o curiosità da parte di giudici terzi, ma ci si chiede: come hanno fatto i P.M. a sostenere di essersi recati al cantiere per svolgere indagini su fatti che non si erano ancora verificati? Forse volevano dire che stavano indagando su altro, ma se stavano indagando su altro e poi assistono a fatti di reato, su questi ultimi fatti non dovrebbero assumere la veste di testimone lasciando ad altri quella di P.M.?
Forse dovremmo smettere di farci tante domande?