Dalle 12 circa di oggi venerdì 11 dicembre è stata bloccata una trivella della ditta Carsica che sta svolgendo le indagini geognostiche per il progetto cavidotto Terna Grand Ile-Piossasco. Il luogo del sondaggio è all’altezza dell’autoporto di Susa lungo la ssp 24.
Per rinfrescare la memoria alleghiamo un piccolo approfondimento di alcuni mesi fa che inquadra il problema.
Il movimento No Tav continua ad opporsi alle grandi opere, in questo caso il mega eletrodotto da 320.000 Volt Grand’Ile – Moncenisio – Piossasco, che dovrebbe attraversare la Val Susa: “Lo stesso “no” che dicemmo al primo tentativo di costruire l’elettrodotto destinato a portare l’elettricità prodotta in Francia fino in Italia, lo diciamo ancora oggi. Il nostro “no” partì quando gli accordi tra l’Enel e l’Edf erano già stato presi, all’insaputa di tutti: queste prime intese risalivano all’1986, e solo un anno più tardi iniziò l’iter di richieste alla Regione Piemonte per poter far passare l’elettrodotto nella nostra Valle”.
L’unico Comune che allora si oppose fu Villarfocchiardo, però poco servì la sua lotta solitaria per fermare i lavori di disboscamento.
Ma già nel ’90, si formò una forte opposizione popolare, che vide coinvolti anche altri Comuni: La vittoria del ’94 a scapito del mega elettrodotto, fu certamente un forte aiuto per l’altra grande battaglia che ci stava aspettando, contro l’alta velocità..
Nel gennaio del ’94, il Ministero dell’Ambiente boccia il mega elettrodotto mentre in Italia la lotta contro i mega elettrodotti era diventata un elemento comune, in nome della salute e contro il nucleare, ed il pezzo di elettrodotto che avrebbe dovuto distruggere la nostra Valle era soltanto un frammento di una rete molto più vasta.
Però niente è cambiato da allora, il progetto rimane il medesimo.
Oggi ci riprova Terna, società nata da una costola dell’Enel con un progetto approvato nel 2011 il cui interesse è quello di realizzare una rete che colleghi il terminale della rete italiana alla Francia, o meglio di potenziare questo collegamento che già esiste, per poter trasportare energia elettrica e consentire di vendere l’energia nucleare. È un obiettivo strategico molto simile a quello della ferrovia Tav: anche in questo caso c’era una tecnologia francese avanzata, che però mal si innestava in Europa, perché in tutta Europa le ferrovie sono in corrente continua, mentre la tecnologia francese è basata sulla corrente alternata.
Per far passare questo progetto si utilizza la vecchia favola dell’Italia senza energia che avrebbe necessità dell’energia francese; in realtà in Italia, abbiamo un surplus di potenza da indennizzare che non utilizziamo, ma l’Europa ha stabilito che si devono indennizzare le centrali elettriche che non lavorano. Noi abbiamo mediamente 40 mila gigavatt inutilizzati: è utile dunque importare questa energia? Dobbiamo indennizzare la potenza che non utilizziamo, e dovremmo importare più energia francese: a questo serve l’elettrodotto.
Inoltre, nei documenti forniti alla popolazione da Terna, è precisato che la linea è formata da quattro cavi: due di Terna e due di un’altra società privata, la “Transenergia SRL”, il cui capitale sociale, di soli € 22.661, è detenuto per metà dalla SITAF, la società autostradale della Val Susa e per il resto dal gruppo GAVIO, uno dei più importanti operatori autostradali in Italia. È una situazione già vista, che sfrutta il costo dell’energia nucleare francese in surplus e il costo dell’energia italiana ma se il gestore delle centrali italiane non può vendere tutta l’energia e se ne ha più della metà in surplus, lo stato deve pagargli questa metà come se l’avesse venduta, ma da dove arrivano i soldi? Dalle nostre tasche!”