C’erano una volta, tanto tempo fa, tre fanatici laureati nelle arti del diritto.
Uno con i capelli bianchi, che si credeva Dio.
Uno coi capelli rossi, che urlava come un matto, incapace di controllarsi.
Uno coi capelli grigi, che cenava con malfattori e mafiosi.
Con loro due piccole aiutanti e un supervisore.
Li univa la passione sfrenata per la caccia a un gruppo di persone oneste, amate e rispettate dal popolo.
Questo piccolo nucleo di laureati organizzò – le cronache non hanno ancora chiarito se per senso di inferiorità verso le persone oneste, o per qualche losco interesse – una tonnara per le persone oneste.
Arresti. Catalogazioni. Isolamenti. Schedature. Processi. Ne inventarono di tutti i colori. Ormai facevano solo più quello.
Più però la caccia si intensificava, più le persone oneste diventavano simpatiche al popolo.
I tre laureati ed i loro lacchè non se ne davano pace. Ma come è possibile? Noi li schiacciamo e quelli diventano ogni giorno più potenti? Persero il senno.
E allora provarono l’ultima carta. La carta dell’estrema esagerazione. Dell’assurdità, del fuori regola, della fantasia cattiva: era arrivato il momento del terrore. Parola forte, parola violenta.
I tre laureati, i loro lacchè, i corvi che volteggiano intorno, si giocavano tutto. Tutto in una partita in casa, nello stesso campo dove, in un’altra epoca, loro predecessori altrettanto insani avevano rubato le speranze di tre giovani persone oneste. E le vite di due di essi.
E venne il giorno del giudizio. Il popolo col fiato sospeso. La paura serpeggiava. La mente delle persone oneste, e non solo, diceva: non è possibile che succeda.
Infatti non successe.
I tre laureati persero miseramente la loro partita.
Persero in casa, strapazzati davanti al loro pubblico che li fischiò a lungo, e derisi dall’arbitro, che li punì duramente cacciandoli dal terreno di gioco a male parole. Persero tutto, non solo la partita, ma anche la faccia.
Il giorno di quella sconfitta rimane ancora oggi nella memoria del popolo.
La banda dei tre. Fine della saga. Ciao.
E.S.S.