Pubblichiamo la nota diffusa oggi dall’assessore alla ricostruzione dell’Aquila Pietro Di Stefano, in sintonia con quanto già espresso nei giorni passati dal comitato 3e32, dal consigliere di Appello per L’Aquila Ettore Di Cesare e dal sindaco Massimo Cialente.
Che l’Unione Europea, la stessa che, in un clima generale di rigidità finanziaria, abbia negato alla Ricostruzione dell’Aquila il ripristino della Cassa Depositi e Prestiti adducendo un presunto sforamento del rapporto debito/PIL, assicurando invece la copertura del 40% per la TAV Torino – Lione di una spesa che si aggira sui 16 miliardi di euro, è un dato certo. Come certo e comprensibile é che la UE si dica favorevole alle grandi opere pubbliche sulla mobilità, opere che, pur essendo a volte fortemente contestate dalle comunità locali, dovrebbero essere in grado di migliorare il tenore di vita dei cittadini membri e di creare indotto occupazionale.
Ma l’Italia, Paese maldestramente incerottato e con uno tra i più alti tassi di rischio idrogeologico e sismico d’Europa, ha davvero bisogno della TAV Torino – Lione prima della messa in sicurezza e della ricostruzione dei suoi territori?
Oltralpe, il presidente Hollande ha risolto i dubbi commissionando un rapporto sulla priorità delle opere pubbliche francesi circa la mobilità. Nel rapporto sembra evincersi chiaramente come la TAV Torino – Lione sia stata esclusa dalle opere urgenti alla luce delle ristrettezze economiche del paese che, invece, saranno concentrate esclusivamente nella linea ad alta velocità Bordeaux – Tolosa, l’unica da realizzarsi prima del 2030. Gli autori del rapporto rimarcano come la Torino – Lione non sia prioritaria e sostengono che i lavori propedeutici alla stessa potrebbero non avere copertura finanziaria prima del 2035 o del 2040.
In questa ottica la posizione di coloro che propongono di stornare i fondi TAV alla ricostruzione della città dell’Aquila, mi trova convinto sottoscrittore.
E’ chiaro che quando la politica si riduce ad allettare i cittadini solo con le grandi opere infrastrutturali, senza minimamente interrogarsi sulle priorità del Paese, i risultati sono pericolosi. E le proteste montano giustamente.
Il Governo italiano non può continuare a girare la testa dall’altra parte su una questione nazionale come la ricostruzione di una città capoluogo e del suo vasto cratere sismico, se intende invece continuare ad avallare una cospicua emorragia di soldi pubblici su un’opera che non vedrà la luce prima di altri vent’anni.
Per allora L’Aquila sarà stata dimenticata persino dai suoi stessi abitanti.