” Quando ho visto a confronto le foto della Val Clarea, com’era due anni fa e com’è oggi, mi sono venute le lacrime agli occhi. Una devastazione scandalosa, un vero e proprio stupro, commesso in nome di niente. Di lì non passerà mai nessun treno ad alta velocità, costerebbe più di quel che rende. Qual è allora il motivo di tanto accanimento contro una popolazione tra le più pacifiche e operose al mondo, che ha il torto di amare la propria terra? Un’astratta idea modernista? Un fumoso calcolo di creazione di posti di lavoro attraverso la distruzione di beni naturali?
No, è una concezione autoritaria del potere, in sintonia con un’Europa in cui ormai scarseggiano gli organi elettivi e le possibilità di controllo dal basso. Nessuno deve ribellarsi a questo nuovo ordinamento. L’economia deve reggere ogni aspetto della vita, e chi la governa va sottratto al giudizio popolare. Ciò vale anche quando le prospettive di profitto sono scarse o nulle. Non è quello l’importante. L’importante è l’obbedienza supina, il “credo quia absurdum” capace di sovrapporsi all’evidenza. E’ la docilità il valore supremo.
Di conseguenza, guai a chi disobbedisce. La resistenza della Valle di Susa va piegata costi quel che costi, perché potrebbe rappresentare un pessimo esempio e incrinare la tenuta del sistema. Ed ecco una repressione feroce, con pene smisurate per punire reati di portata modesta, ammesso che siano tali. Ciò in un paese in cui i crimini commessi da chi appartiene alle cerchie del potere restano il più delle volte impuniti, o sanzionati in maniera ridicola, o lasciati prescrivere con mille pretesti. Con gli autori dei delitti spesso onorati con cariche elargite da governi che nessuno ha eletto. Il delitto più grave – cementificare, distruggere, trasformare il bello in brutto – non va nemmeno nominato. I colpevoli hanno ragione per definizione, gli oppositori vanno trattati da criminali incalliti.
Sarebbe ora il caso di parlare dei complici di questo stato di cose. Mi limiterò a raccontare un aneddoto, riferito al 1884. A Ravenna nascevano le cooperative che sono alle origini di quella impegnata a violentare le terre altrui. Il municipio ravennate indisse un appalto per l’abbattimento di un pineto che circondava la città. Era un’occasione ghiotta per l’Associazione Operai Braccianti, che radunava i lavoratori più poveri di tutti, miserabili, disoccupati. Fu indetta un’assemblea con migliaia di partecipanti. Ebbene, i braccianti decisero compatti di rifiutare quell’appalto. Meglio la fame che rendersi complici dello sconcio del territorio.
Quella era dignità, quella era nobiltà. Dove stanno ora? Non nelle stesse mani, purtroppo. Stanno in quelle dei valsusini che contrastano la più ignobile delle prepotenze. Ed è una lotta che ci riguarda tutti. Se vincono loro, perde l’oligarchia. Se fossero sconfitti, sarebbe il crollo di un bastione contro l’autoritarismo.
Difendiamolo, quel bastione. Sono in gioco la libertà, l’onore, la civiltà.”
Valerio Evangelisti
UNA MONTAGNA DI LIBRI CONTRO IL TAV vol.2,Bussoleno-Clarea 7-8-9 giugno 2013