La neve si scioglie sui sentieri soleggiati della Clarea, mentre resta compatta nei versanti in ombra. I cespugli di rovo, ormai spogli delle bacche che, durante l’inverno, hanno sfamato gli uccelli e gli animali del bosco, mettono fuori le prime minuscole gemme. Non è ancora primavera, ma di lontano già si avverte il suo passo.
Di fronte alla natura che si risveglia, più che mai squallido appare l’universo del cantiere, un mondo senza stagioni, un non-luogo in cui gli uomini sono null’altro che appendici di un’assurda tecnologia di morte. Lungo i camminamenti oltre le reti, una coppia di militari segue con meccanico puntiglio i nostri movimenti; si fermano se ci fermiamo, ripartono se ripartiamo, ci cercano se non ci vedono più: un assurdo balletto, quasi un gioco, se non fosse il segno dell’occupazione militare e del controllo poliziesco sul nostro territorio e sulle nostre vite.
Quell’inferno di ferro e cemento sembra un fortino invincibile, ma è solo un castello di carte che il vento ribelle presto spazzerà via.
Sul nostro ritorno si stende il cielo della sera; la valle è ormai in ombra, ma sulle cime innevate sfolgora l’ultimo sole.
Nicoletta Dosio