La vicenda dell’accesso agli atti negati ai No Tav da parte dell’“Osservatorio Valle Susa” era ritornata sui giornali a dicembre 2013 (https://www.notav.info/post/cambi-procura-e-le-inchieste-partono-virano-indagato-a-roma/): alcuni No Tav avevano denunciato il fatto alla Procura di Roma che aveva aperto un’indagine per rifiuto di atti di ufficio.
Virano il mese scorso si era dichiarato assolutamente tranquillo: “noi abbiamo presentato alla procura corpose argomentazioni a difesa del nostro operato, illustrando le motivazioni tecniche e giuridiche sulla base delle quali la vicenda è stata gestita in una certa maniera” (Lunanuova, 6 dicembre 2013).
Queste argomentazioni corpose il PM Anna Cordova non deve averle ritenute spaventosamente convincenti: infatti, anziché chiedere l’archiviazione come avrebbe senz’altro sperato Virano, ha chiesto il rinvio a giudizio.
Udienza preliminare, quindi, fissata dal GUP di Roma per il 2.4.2014 ore 11, questa l’imputazione attualmente considerata dal PM: “…reato di cui all’art. 328 c.p. perché quale Presidente dell’Osservatorio Valle Susa Presidenza del Consiglio dei Ministri, indebitamente rifiutava un atto del proprio ufficio, omettendo di fare visionare ed (od) estrarre copia degli atti inerenti il carteggio intercorso tra l’Osservatorio Valle Susa per il collegamento ferroviario Torino-Lione e la Conferenza dei Sindaci della Comunità Montana Bassa Valle di Susa e Val Cenischia che si era riservato di trasmettere ai sensi della sentenza Tar Piemonte n. 1484 depositata 4//2008”.
Poi, siccome ogni persona è considerata dalla legge innocente fino a prova contraria, e così senz’altro anche per Virano, vedremo se il GUP di Roma lo proscioglierà oppure lo rinvierà a giudizio.
Il dato storico però, sul quale la legge non ha niente da dire, è che Virano, l’Osservatorio Valle Susa e la Presidenza del Consiglio dei Ministri hanno rifiutato categoricamente e ripetutamente ad appartenenti della comunità di accedere a documenti della collettività e che sarebbero stati utili a comprendere le scelte amministrative, a criticare le scelte politiche, a dotarsi di elementi per continuare nell’opposizione motivata al TAV.
Le motivazioni formali dei rifiuti non importano – il TAR ha deciso che erano in parte illegittime -, importa la scelta politica di non consentire l’accesso, di non fare la trasparenza sul progetto di un’opera così rilevante per l’ambiente, i costi, le prospettive di un paese intero. Perché?
Rigetto in via amministrativa:
Rigetto davanti al TAR:
E allora, con questo atteggiamento di chiusura, perché non nutrire dubbi sulla modalità con cui sono state condotte le altre attività istituzionali?
Torniamo indietro di qualche anno.
Ricordiamo che la prima fase di lavoro dell’Osservatorio si conclude con la redazione di c.d. “Punti di accordo per la progettazione della nuova linea e per le nuove politiche di trasporto per il territorio”, presentati il 28 giugno 2008 a Pracatinat, accordi che non sono accordi in quanto presentano una sola firma, quella del presidente dell’Osservatorio, Virano, e nessuna firma dei Sindaci coinvolti o dei rappresentanti della Comunità montana: non era perciò un accordo, ma una declamazione di parte.
Subito dopo, nella primavera del 2009, si tengono le prime elezioni amministrative dopo i fatti di Venaus.
Le liste civiche afferenti al Movimento No Tav conquistano uno smisurato numero di seggi in tutti i consigli comunali della Valle di Susa, già storicamente contraria al progetto dell’alta velocità.
Inoltre vengono ridisegnate le comunità montane (le due comunità dell’Alta e della Bassa Valle di Susa si fondono). In definitiva, la nuova comunità montana passa da si tav che era prima, a no tav, e la cosa rischia di comportare uno stravolgimento nei lavori dell’Osservatorio (di cui la comunità è membro), che a dispetto del nome ha chiaramente dimostrato di avere una finalità favorevole all’opera.
E cosa succede? Vengono compiuti dei cambi strutturali in corsa nell’Osservatorio, con diverse segnalazioni di Virano alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Seguono estratti dall’archivio di documenti ‘istituzionali’:
e ancora,
A quel punto la Presidenza del Consiglio dei ministri, con comunicato dell’8/1/2010, interviene in soccorso e rileva la necessità di una variazione dei criteri di rappresentanza degli enti territoriali interessati dalla tratta ferroviaria Torino Lione in conseguenza dell’intervenuto riordino degli “assetti istituzionali delle Comunità montane” e incarica la Regione Piemonte e la Provincia di Torino di presentare una proposta in tale direzione stabilendo dei criteri-guida.
In sostanza di interviene per escludere dall’Osservatorio i Comuni che non siano si tav!
Nel comunicato Presidenza del Consiglio dei ministri si legge: “…- constata che la nuova Comunità Montana, con riferimento alla nuova linea Torino-Lione non si connota con un profilo di sensibilità politico-istituzionale idoneo a rappresentare il pluralismo delle Comunità locali presenti sul territorio;
pertanto il Governo ritiene di dover ridefinire le rappresentanze locali in seno all’Osservatorio dell’insieme dei territori interessati dalla nuova linea Torino-Lione…
– Comuni ricadenti in tali ambiti che dichiarino esplicitamente la volontà di partecipare alla miglior realizzazione dell’opera nel quadro della miglior tutela e valorizzazione del territorio e nel rispetto del calendario europeo”.
I Comuni di Avigliana, Sant’Ambrogio, Chiusa San Michele, Vaie, Villar Focchiardo, San Giorio, Bussoleno, Mattie, Chianocco, Bruzolo, San Didero, Mompantero, Venaus Giaglione e Gravere, Oulx e Bardonecchia si rifiutano di nominare loro rappresentanti perché dovrebbero prima dichiararsi…si tav!
Documenti ed avvenimenti da cui appare un’enorme, franca, serpeggiante paura e preoccupazione della Presidenza del Consiglio dei Ministri di perdere il controllo dell’Osservatorio mantenendo all’interno una comunità montana che da favorevole all’opera era diventata sfavorevole, e comuni che erano divenuti fortemente no tav.
I dati emergono sempre di più, continuiamo a cercarne.