A Repubblica hanno deciso di fare fact checking (verifica dei fatti) sulla Torino Lione. Una idea meritoria viste le boiate che si sentono in questi giorni. Abbiamo letto con interesse lo striminzito articolo, senza un documento citato, con numeri messi a casaccio. Insomma il risultato è davvero deludente, più che una prova dei fatti è un atto di fede sulla bontà dell’opera, ed è opportuno provare a rimettere sul serio in fila i fatti.
Scrive Repubblica che i contrari alla Torino-Lione “confondono le gallerie di preparazione con il tunnel vero e proprio. Il primo lotto di 9 chilometri di galleria sarà finito a giugno 2019 ed è sperimentale non perché serve a decidere se fare l’opera ma perché serve a tarare la talpa che scava”.
I fautori dell’opera, e Repubblica fra loro, su questo punto fanno il gioco delle 3 carte.
Proviamo a spiegare come stanno le cose. Come riportato dal bilancio di TELT 2017e dal suo sito internet,
quello di Saint-Martin-la-Porte, a cui fa riferimento Repubblica, è un tunnel geognostico, vale a dire uno scavo che serve a comprendere la conformazione di un’area geologica particolarmente complessa. È del diametro del progettato tunnel di base, e in asse con uno dei due tubi, ma al momento la sua funzione è geognostica. Proprio per la sua funzione geognostica ha potuto godere di un cofinanziamento del 50% da parte dell’Unione Europea. Se fossero stati lavori di realizzazione questa percentuale sarebbe stata più bassa (al massimo il 40%), perché il 50% è riservato a studi e progettazioni. Questo punto è chiaro nell’accordo di cofinanziamento stipulato fra Francia, Italia e UE (il così detto Grant Agreement )
dove si dice che il lavoro di Saint-Martin-la-Porte “copre le attività di analisi esplorative e geologiche […] Il suo obiettivo è identificare le caratteristiche geologiche, idrogeologiche e geomeccaniche della sezione nel massiccio roccioso dell’Houiller, dove il futuro scavo del tunnel di base passerà attraverso il terreno con le condizioni più fragili. Nei grandi progetti di edilizia civile, le informazioni relative alle caratteristiche della roccia vengono raccolte prima che l’intero scavo cominci”. E ancora “i dati geologici prelevati permetteranno di valutare la fattibilità tecnica dei futuri lavori”.
In pratica: per i cofinanziamenti europei il tunnel è geognostico ed esplorativo, ma per la propaganda si tav è la dimostrazione che i lavori sono ormai a buon punto e non si può tornare indietro. Nei giorni pari, per propagandare l’irreversibilità dell’opera, stanno già scavando il tunnel di base; nei giorni dispari, per prendere più soldi, si tratta di un cunicolo geognostico. Ieri era il 14. E Repubblica ha scritto il suo sedicente fact checking.
Ma il “fact checking” di Repubblica non finisce mica qui. Scrivono ancora “oggi da Torino a Lione si impiegano in treno tre ore e mezza. Con la Tav meno di una e mezza, che significa andare da Milano a Parigi in 4 ore”. Per mostrare la infondatezza di questa affermazione non usiamo studi dei tecnici contrari all’opera, ma l’ultimo e più recente lavoro di chi quest’opera la vorrebbe fortissimamente: l’Osservatorio presieduto da Foietta. A pagina 70 del quaderno 11 , pubblicato pochi giorni fa, leggiamo che con la realizzazione del tunnel di base, del tunnel sotto la collina morenica di Rivalta-Rivoli, e una riduzione di mezz’ora fra Chambery e Lione, i tempi di percorrenza fra Torino e Lione potrebbero arrivare a 1 ora e 54. Premesso che questi dati sono stati prodotti da chi pervicacemente vuole veder realizzata l’opera, la domanda è: come mai Repubblica non contenta dei dati si tav toglie ancora mezz’ora portando il viaggio fra Torino e Lione all’incredibile tempo di “meno di un’ora e mezza”?
Ma l’aspetto più paradossale del ragionamento di Repubblica è il seguente: sapete come si potrebbe, fin da subito, ridurre il tempo di percorrenza del TGV Milano Parigi di ben 45 minuti senza spendere una decina di miliardi di euro? Senza iniziare uno scavo che finirà fra 15 anni? Senza devastare un pezzo di Val Susa? Mettendo il TGV sulla linea TAV Torino Milano, anziché farlo passare dalla linea storica Chivasso-Santià-Vercelli-Novara! Come dimostra proprio lo studio del quaderno 11.
Gli sfondoni del “fact checker” di Repubblica però continuano, scrive: “l’altra bufala è quella dei costi. All’Italia costerà tra i 2,5 e i 3 miliardi”. La delibera Cipe 67 del 7 Agosto 2017 contiene altri numeri: il “limite di spesa dell’intervento per la quota dell’Italia è pari a 5.631,47 milioni di euro”. Una parte cospicua di questa somma può ricevere un cofinanziamento europeo del 40%, il costo a carico dell’Italia, nel caso che il cofinanziamento andasse a buon fine, sarebbe per il solo tunnel di base di circa 3,4 miliardi. Non fra 2,5 e 3 come sostenuto nell’articolo. Anche qui: perché Repubblica tira sui conti? Tolgono mezz’ora di viaggio da una parte, 400 milioni di euro di spesa dall’altra; perché?
Ma l’affermazione più fastidiosa di Repubblica riguarda l’amianto, scrivono che “la presenza di amianto non è stata per ora riscontrata lungo i 7 chilometri di galleria di servizio scavati su versante italiano. In ogni caso il tracciato deciso nel 2011 è stato modificato proprio per limitare al massimo questo rischio”. Il fact checker sembra gettare acqua sul fuoco: nel cunicolo della Maddalena non è stato trovato amianto e il percorso scelto limita al massimo questo rischio. Leggiamo cosa dicono i progettisti, nell’ultima versione progettuale, nel documento PRV C3B 0086 Gestione del materiale contenente amianto del 5 maggio 2017. Le rocce intercettate dal Tunnel di Base a est della Piana di Susa “sono caratterizzate dalla presenza ubiquitaria di amianto (tremolite, actinolite e crisotilo), in forma sia fibrosa che aciculare, e da concentrazioni in amiano totale altamente variabili. Considerando i risultati ottenuti dai sondaggi S9 ed S11 è quindi ipotizzabile che le metabasiti attese a partire da circa 400 metri dall’imbocco est del Tunnel di Base siano caratterizzate da concentrazioni in amianto localmente anche elevate”. Le parole dei progettisti consiglierebbero prudenza nell’affrontare l’argomento e le vicende legate all’amianto dovrebbero indurre quantomeno alla sobrietà. A Repubblica invece si fanno prendere la mano e usano la questione per polemizzare con i No Tav e con il sindaco di Susa, sostenendo che lo scavo della seconda canna del Frejus e il tunnel di base siano nella stessa montagna, e quindi, in fondo, che problema c’è? Sorvolando sul fatto che fra l’imbocco del tunnel di base e l’imbocco del Frejus ci sono circa 30 chilometri in linea d’aria e che molti dei sostenitori del raddoppio autostradale sono i medesimi che vorrebbero il Tav.
Per fare i fact checker occorrerebbe conoscere i fatti, ma soprattutto essere onesti intellettualmente. Altrimenti si fa solo propaganda e della più becera.