(riceviamo e pubblichiamo) Tutte le certezze che circolano sui fatti che accadono in Val di Susa sono molto fragili. L’ultimo fatto per il quale oggi i giornali hanno persino già trovato i colpevoli, ha parecchie ombre, abbiamo provato a mettere insieme qualche elemento qui di seguito che abbiamo ricevuto in queste ore e ve lo proponiamo.
E se l’incendio alla Geomont fosse doloso? ci avete pensato noi sì e ci poniamo due grosse domande:
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e se la ditta stessa ha provocato l’incendio per motivi finanziari?
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e se l’incendio è un avvertimento mafioso che ha le sue origini nel cantiere tav di Chiomonte?
Alcuni fatti vi aiuteranno a capire perchè:
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fase di cantiere tav chiomonte 2011-2013. La ditta Geomont avendo sede in valle di Susa viene coinvolta negli appalti iniziali per l’installazione delle recinzioni e dei primi studi del terreno. Diviene con l’orgoglio del titolare il simbolo del tanto declamato binomio tav=lavoro sul territorio
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Inverno 2012-2013 il cantiere è allestito, la Geomont è una piccola ditta e ormai le grandi ditte appaltatrici sono sul posto. Viene dunque esclusa dai nuovi appalti e non restano che le briciole. Il suo ruolo da comparsa è dunque terminato
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Primavera 2013 la ditta affronta la sua ennesima crisi economica rischiando il già due volte praticato fallimento. Una parte dei suoi operai viene anche lasciata a casa senza lavoro
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Agosto 2013 arrivano i primi pezzi della “talpa” al cantiere tav di Chiomonte
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Negli stessi giorni il titolare della Geomont contatta misteriosamente e con diffidenza alcuni no tav (ricordiamo che la ditta è di Bussoleno e in questo paese come molti no tav è cresciuto anche lui) fornendo informazioni dettagliate e utili a bloccare i trasporti della talpa
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Forse grazie alle intercettazioni telefoniche attuate dalla polizia di stato a danno di molti no tav la voce di queste “soffiate” giunge nel cantiere di Chiomonte dove la ditta ancora sta ultimando in attesa di pagamento alcuni lavori marginali
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Una mattina di agosto il titolare della Geomont chiama trafelato “non posso più dirvi nulla” e riattacca velocemente. Forse si è reso conto anche lui che la voce è trapelata
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Lo stesso giorno la sua autovettura privata parcheggiata all’interno del cantiere sorvegliato anche quel giorno da centinaia di agenti viene schiacciata e distruttada da una gigantesca ruspa. Il titolare richiama questa volta terrorizzato i no tav e invia una foto del mezzo distrutto. Inconsapevolmente forse è una richiesta di aiuto.
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30 agosto 2013 il capannone della ditta Geomont va a fuoco, causa incendio doloso. Due giovani no tav a venaus, a 20 km di distanza vengono fermati con la loro auto mentre insieme ad altri 200 no tav si dirigono verso il cantiere. Nel baule dell’auto alcuni fuochi artificiali di libera vendita e divengono i “mostri” da sbattere in prima pagina.
Alcune conclusioni:
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i fatti narrati, non fosse per i luoghi citati (tutti in valle di Susa) potrebbero essere tranquillamente collocati in quei luoghi dove le organizzazioni criminali sguazzano, comandano e agiscono. Sono fatti che hanno un nome solo: Mafia.
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Non possiamo sapere se il titolare in preda all’ennesima crisi economica abbia appiccato lui stesso il fuoco alla ditta per tornare protagonista nel cantiere e per i soldi dell’assicurazione. Non possiamo neanche sapere se altre ditte o organizzazioni abbiano agito nell’intento di punire un “traditore”. Sappiamo che il movimento no tav non ha appiccato quel fuoco e che due giovani no tav invece sono accusati sui quotidiani e in televisione di averlo fatto.
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Sappiamo che sui fatti narrati nella breve cronistoria fornita è stata aperta una indagine ma la stampa in questo caso non è stata informata o ha taciuto
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Sappiamo che chi indaga invece di guardare all’interno del cantiere ieri sera era impegnata a fermare due ragazzi con nel baule dell’auto dei fuochi artificiali. Sappiamo che chi dovrebbe indagare in realtà riempe le aule dei tribunali di fascicoli a carico del movimento no tav
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Sappiamo con certezza che “giornalisti” come Massimo Numa e Erica Di Blasi delle redazioni locali de La Stampa e de La Repubblica hanno in tempo reale pubblicato false notizie sui fermi (centinaia di razzi, molotov, copertoni tubi lanciarazzi in un baule di un’auto) creando dei titoli ad arte che associassero i due fermi all’incendio della ditta Geomont. Il tutto oggi 31 agosto 2013 è stato ripreso dalle testate di stampa nazionali, web, cartaceo e tv come verità. Davide e Paolo sono oggi due “mostri notav”